mercoledì 8 giugno 2011

Calcioscommesse, Guariniello: “Il calcio aspetti la giustizia”

Intervista al pm di Torino: “Da irresponsabili chiedere di accelleare le indagini”

«La giustizia ordinaria ha i suoi tempi d'indagine, guai a forzarli. Anzi, si devono tutelare col pieno riserbo. E meno male che esiste la giustizia penale. Se no, senza un'inchiesta di questo tipo, nel calcio non si sarebbero mai scoperti questi episodi». Raffaele Guariniello, procuratore aggiunto di Torino - protagonista di processi storici come quelli contro i vertici ThyssenKrupp ed Eternit, ma anche quello sul caso doping che vedeva imputata la società sportiva Juventus – non vuole entrare nel merito della vicenda Calcioscommesse («Non esprimo giudizi senza le carte. È una brutta e diffusa abitudine farlo»), dà un parere tecnico, che però pesa come un macigno. Il tono delle sue parole è come al solito sobrio ma contemporaneamente pungente. E segna un altolà a chi vuole a tutti costi accelerare i tempi.

Dottor Guariniello, se la giustizia sportiva deve attendere il lavoro di quella ordinaria si rischia di sospendere i campionati e così compromettere anche il mercato estivo?
«
Questo non posso saperlo. E se capiterà non sarà colpa dell'autorità giudiziaria, che non ha titolo per decidere. Sarà quella sportiva a definirlo. Non si deve assolutamente chiedere di forzare una prassi di indagine scrupolosa e indispensabile. Basta pressioni ai magistrati, che fanno di tutto per velocizzare i tempi. Ci sono, però, esigenze probatorie da garantire e tutelare».

Le squadre di calcio temono la scure della “responsabilità oggettiva” prevista dal codice di giustizia sportiva e corrono ai ripari annunciando di costituirsi parte civile nei processi penali, in quanto direttamente danneggiate. Vi sono contraddizioni?
«
Fortunatamente la responsabilità oggettiva non ha cittadinanza nella giustizia ordinaria, dove ha diritto di costituirsi chi si sente danneggiato. E in questo caso si deve valutare se un ente ha subito o meno un danno per il reato commesso da un dipendente o un danno di immagine. Ma, vorrei ricordare, che il processo penale non ha come scopo principale il risarcimento dei danni, ma l'accertamento della responsabilità penale».

E se spuntasse un legame, una connivenza, tra dirigenti sportivi, calciatori e giro di scommesse?
«
In quel caso se venisse riconosciuto un concorso di reato (per esempio, frode sportiva) i dirigenti potrebbero diventare imputati in un processo penale. Ma ancora una volta, la responsabilità oggettiva non ha rilievo».

La giustizia sportiva è in grado di autogestirsi?
«
Non ha i mezzi investigativi per farlo. Se non ci fosse stata un'indagine penale con i suoi metodi (intercettazioni e, se servono, perquisizioni...) il Calcioscommesse non sarebbe emerso. Certo, la giustizia sportiva ha tempi diversi, più celeri, di quella penale. Però, per fare un esempio, alla giustizia ordinaria non basterebbe sapere che un atleta sia positivo a un test antidoping per poterlo sanzionare. È tutta un'altra faccenda. Gli appelli a fare in fretta sono irresponsabili. Lasciamo la giusta serenità ai magistrati, poi anche la giustizia sportiva farà il suo dovere».

Da Il Secolo XIX dell'8 giugno

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