venerdì 23 gennaio 2009

«A 20 metri dalla linea cinque non c'era nessun rischio»

TORINO - Non vogliono i sindacati, Medicina democratica, Provincia e Comune di Torino come parte civile al processo Thyssen. E non vogliono quasi tutti gli operai, almeno 90 sui 103 totali che avevano effettuato la richiesta. Nella seconda udienza del processo Thyssen, in Corte d'Assise a Torino, gli avvocati della multinazionale tedesca sono partiti all’attacco.

Ritengono che gli enti locali, la Fiom e pure la Fim e la Uilm, non siano legittimati a presentarsi come parti civili, perché quella notte «non ci furono violazioni di interessi collettivi». Per quanto riguarda i lavoratori, nemmeno loro perché 67 firmarono il verbale di conciliazione con l'azienda e gli altri – una ventina - perché «non esposti a rischio». Quest’ultima è la vera novità della strategia difensiva, che per il resto non fa altro che riproporre argomenti già bocciati dal Gup. «Chi si trovava a 20 metri dalla linea 5 non era a rischio»: ecco il nuovo criterio della difesa. «E’ un attacco al processo - ribatte Sergio Bonetto, avvocato di parte civile per i lavoratori – non si può chiedere alla Corte che certifichi, prima ancora di sentire i testimoni e aprire i fascicoli, l’inesistenza del rischio. Tutti gli operai sono stati esposti direttamente al pericolo a causa dell'omissione di cautele antinfortunistiche». Contro la richiesta dei legali Thyssen si sono espressi i pubblici ministeri e gli avvocati di tutte le parti civili. Tocca ora al presidente della Corte, Maria Iannibelli, pronunciarsi sulla questione, entro il 4 febbraio, data a cui è stata aggiornata l’udienza.
La seduta di ieri, molto tecnica, è durata cinque ore. In aula, c’erano i parenti delle vittime, ma nessuno dei sei imputati, nemmeno i due manager italiani (Salerno e Cafueri) che avevano presenziato alla prima udienza. Ezio Audisio, difensore dell'amministratore delegato Harald Espenhahn (accusato di omicidio con dolo eventuale), si è speso in un’articolata arringa, insistendo sull’esclusione dal processo degli operai che avevano trovato un accordo con l’azienda per la buonuscita, rinunciando a risarcimenti per eventuali cause future. «L’accordo, tra l’altro sindacale, – sottolinea Bonetto – non era con gli imputati, ma con la società ed è precedente all’incidente, quindi non c’entra con la costituzione di parte civile».

Anche gli enti pubblici ammessi dal Gup si sono trovati di nuovo sotto attacco: Comune e Provincia, non la Regione che intervenne per bonificare la zona. L’avvocato Alberto Mittone, che ha curato la richiesta della Provincia, precisa: «Per suo statuto è un ente che si occupa d’ambiente, lavoro e territorio, quindi tematiche perfettamente attinenti ai reati contestati per la strage».
Durante l’ultima udienza si è resa più chiara la linea difensiva della Thyssen, che mira a estromettere i lavoratori dal processo (salvo una decina) e a focalizzare l’indagine solo sulla linea 5. Al termine, il procuratore aggiunto Guariniello, che ha coordinato l'inchiesta, ha espresso il suo disappunto perché in aula i tempi si stanno allungando e non si finirà – come sperava – entro il prossimo Natale.

Processo Thyssen, seconda udienza
Da il manifesto del 23 gennaio

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