sabato 27 febbraio 2010

«Non mi importa delle regioni»

Berlusconi a Torino mette le mani avanti: «In queste elezioni conta solo il risultato totale». Attacca i magistrati «talebani» e molla il senatore «portato da Alleanza nazionale». Protesta delle toghe

TORINO - La maschera è quella di sempre, nasconde le smorfie. Ma questa volta non basta il classico sorriso: il corpo è teso. Inquieto, nervoso. E non si tratta del continuo annuire al candidato del Pdl in Piemonte, Roberto Cota (Lega Nord), lo sfidante di Mercedes Bresso. Si vede che il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, è preoccupato. Anche per l'esito delle prossime regionali. Fa lo spavaldo, ma mette le mani avanti. A chi gli chiede quante regioni bisogna conquistare per dirsi soddisfatti risponde: «Non conta il numero, il risultato che consideriamo di dover ottenere è quello di avere una forte maggioranza di elettori nei confronti della sinistra». Poi aggiunge: «Speriamo nella maggioranza nella Conferenza Stato Regioni».

Per il resto, Berlusconi - ieri a Torino a inaugurare la campagna elettorale del centrodestra - ha rinvigorito il quotidiano attacco alla magistratura. A muso duro. «Il male terribile dell'Italia, la vera patologia è la politicizzazione della magistratura, cioè l'uso politico della giustizia». Ed è per questo che promette a breve una riforma della giustizia «che non piacerà a quella una banda di pm talebani che intervengono con propositi eversivi nella vita democratica». Ci tiene a precisare il termine «banda». Per l'Anm sono insulti intollerabili. La frase entrerà nel fascicolo aperto da tempo dal Csm a tutela di magistrati oggetto di accuse da parte del premier.

Ma non vuole fare di tutta l'erba un fascio: «Fortunatamente non tutti sono talebani». La moglie di Cota, per esempio: «Roberto ha un solo difetto, aver sposato un magistrato - dice con sorriso sornione - ma lei è una di quelli perbene».
Poi - appena dimenticatosi la frase «la sovranità non è più nel popolo ma nei pm» - gira a suo favore la sentenza della Cassazione che due giorni fa ha dichiarato prescritto il reato per il quale l'avvocato di Berlusconi David Mills era stato condannato in primo e secondo grado. Non importa se prescritto significa anche colpevole: «Il caso Mills è una invenzione pura, assurda». Quanto al processo gemello, che lo vede imputato come presunto corruttore di Mills, che riprende oggi e che avrà ancora più di un anno per arrivare almeno alla sentenza di primo grado: «Voglio venirne fuori con una assoluzione piena».

Sul senatore Nicola Di Girolamo e sui suoi rapporti con l'ndrangheta il presidente del consiglio fa quasi lo gnorri. «Non leggo i giornali, proprio come faceva la Thatcher». Precisa di non averlo mai conosciuto e con un colpo da maestro scarica le responsabilità su Alleanza nazionale: «Non è stato portato da gente di Forza Italia, ma da un responsabile di An che non ho il piacere di conoscere». Infine fa capire con estrema chiarezza che del destino del senatore non gli importa granché. E' una vicenda «grave», dice invocando la riforma sul voto degli italiani all'estero.

Oltre alla giustizia, ci sono le elezioni. E alla conta delle regioni, da ieri Berlusconi preferisce quella degli elettori. Non si sbilancia, qualcuno forse lo avverte che il consenso potrebbe calare. Però, sotto la Mole deve pur dare un segno di ottimismo: «Roberto Cota sarà il governatore del Piemonte» esclama senza dubbi. Lo elogia e lo ricorda giovane, quando - alle tradizionali cene del lunedì ad Arcore con Umberto Bossi - era proprio il futuro capogruppo della Lega in Parlamento ad ammansire il Senatur: «Mi rivolgevo a lui quando dovevo convincere Umberto».

Ma la paura c'è. E, davanti ai giornalisti - alla prima uscita elettorale - il premier Berlusconi rispolvera il vecchio slogan: «Una scelta di campo». Elencando i motivi per cui non si deve votare la sinistra, «il polo dell'invidia». L'Udc non c'entra: «Non ha nulla da spartire con il Pd, soprattutto dopo che si è ammanettato a Di Pietro». «Non votateli perché vogliono reintrodurre l'Ici, raddoppiare le tasse sulle rendite finanziarie, aumentare la tassa sul patrimonio e introdurre uno Stato di polizia tributaria attraverso il controllo dei pagamenti in contatti. La sinistra vuole impedire l'attuazione del "piano casa" attraverso il controllo delle Regioni. E spalancare le porte agli immigrati». Fuori tema, l'ultima cartuccia: «Basta con le intercettazioni, le modificheremo, perché così è uno Stato di polizia».

Da il manifesto del 27 febbraio

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