martedì 24 marzo 2009

Shoegaze 1. Ri/scoperte


Questa rubrica - con una dedica un po’ retrò - la chiamo così (Shoegaze, appunto), perché ai concerti anche se non stavo sul palco mi guardavo le scarpe. L’intento è parlare degli ascolti del momento, provando – senza grandi pretese - a tirarne le fila. E a raggrupparli con un po' di senno.

Per le riscoperte di ciò che valeva (tanto) e non si era approfondito: Sylvain Chauveau e Lighting Bolt. Del primo, pianista e compositore francese, è uscita la ristampa de Le Livre Noir Du Capitalisme (2000, ora pubblicato con titolo in inglese): incantevole mix tra ricerca sperimentale e tradizione classica. Dei secondi, duo noise basso e batteria, basta farsi travolgere dal muro del suono che sia Wonderful Rainbow (2003) o Hypermagic Mountain (2005).

Poi, una nuova scena lo-fi. Le coordinate musicali sono più o meno nei paraggi dei No Age. Ma ogni noiser ha la sua forma e il bello è che puoi trovare d'un tratto piccole gemme come l’esordio dei canadesi Women, registrati da Chad Van Galeen in luoghi anomali come una stazione ferroviaria o un fiume gelato: dieci tracce umorali tra melodia e rumore. O scovare Abe Vigoda, non l'attore ma una band di giovanissimi ispanici losangelini, che con Skeleton spremono in mezz’ora le loro ottime doti art(tropical?)punk. Altri nomi: Wavves (pseudonimo di Nathan Williams) e il terzetto Times New Viking.

Max Richter ti fa scoprire un mondo. Sia perché di cose ne fa tante, muovendosi con nonchalance da suoni d’avanguardia ad atmosfere più pop fino al cinema (la sincopata e avvolgente colonna sonora di Valzer con Bashir). Dietro a lui, allievo di Luciano Berio, esiste un mondo ambient-drone-noise. E i percorsi per scoprirlo, sono dei più vari. Si va dai più assimilabili al suo stile Worrytrain e Julien Neto (con il giovane spagnolo Bosques de mi Mente), autori di paesaggi noir, romantici e melanconici , al mininimalismo oltranzista di Alva Noto (in uscita Xerrox VOl.2), passando per il post-rock rachelsiano dei Balmorhea. Se ai passaggi elettronici più dilatati si sovrappongono strati di noise incontriamo Tim Hecker (An Imaginary Country). E, proprio a proposito di rumore, non si può che citare la techno noise dei Black Dice (anche loro di Providence come i Lighting Bolt) e il lavoro solista di uno dei suoi membri Eric Copeland, Hermaphrodite.

Infine, esce in questi giorni Beware di Bonnie ‘Prince’ Billie (di cui ancora non so), allora ripasso i Mountains Goats. E dall’anno passato: la cantautrice Larkin Grimm, gli islandesi Hiijatalin (più Sufjan Stevens che Sigur Ros) e la psichedelia pesante dei Black Angels. In giro, anche il live casalingo di Daniel Johnston e la fantastica raccolta Dark Was The Night con la supervisione dei National e fondi destinati alla Red Hot Organization (contro l'Aids). A maggio arriveranno, invece, gli album di Grizzly Bear e Akron Family. Il primo (grazie bolachas), insieme a quello degli Animal Collective, sembra già uno dei dischi dell’anno. E’ tutto. Pure troppo.

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