mercoledì 1 dicembre 2010

L'amianto che uccide
A Milano continua la lotta per le “White”


Scende la prima neve a Milano quando lasciamo la casa di Elena, zona Famagosta, a sud della città. Lasciamo lei, i suoi figli, il suo compagno, gatti e cane. I racconti no, non li lasciamo, così come le lotte, ce le porteremo dietro a lungo, facendone tesoro. Scende la prima neve in questo freddo e povero 2010, neve bianca, come il colore di quell'incubo in cui Elena Ferrarese e la sua famiglia hanno vissuto dal 1984. Le White, le chiamavano. Le case bianche, "anche se dentro non c'era nessun presidente...". Bianche di amianto, con tutti quei pannelli a ricoprirne la superficie. Solo il tetto, al contrario di molti altri casi, non conteneva la sostanza killer.

"Quando ci hanno detto che quella diventava la nostra casa, avrebbe dovuto trattarsi di una situazione provvisoria, una sorta di casa parcheggio, per tre o quattro anni", racconta Elena. "Invece siamo stati lì fino a pochi mesi fa. La mia è stata l'ultima famiglia a uscirne, a luglio di quest'anno. Negli ultimi tempi era diventato qualcosa di invivibile: perdite d'acqua, allagamenti, crolli, topi... topi enormi".

Era il 1984 quando il Comune di Milano assegna quegli appartamenti di edilizia popolare, in via Feltrinelli 16, zona Rogoredo, a famiglie provenienti da case di piazzale Dateo e corso Lodi, oppure da sfratti esecutivi in varie zone della città. Ma ben presto gli abitanti si rendono conto della pericolosità della loro "gabbia bianca" e di quei pannelli, che in tutto all'interno contengono 3 tonnellate di amianto. "La prima volta che abbiamo visto quella casa, bianchissima, non sapevamo cosa pensare. Ci sembrava un ospedale o, meglio, un manicomio. Oppure un carcere...". Strano credere che nel 1984, quando il pericolo dell'amianto era già noto da tempo - e solo due anni prima della chiusura dell'Eternit in Italia - si potesse costruire una casa ricoprendola interamente di questa sostanza assassina.

Gli inquilini se ne sono resi presto conto. Nel 1986 hanno fondato un comitato per seguire il problema amianto. Quindi sono arrivate le prime morti, tante, troppe. Come quella di Giammarco, che se n'è andato nel 2003, a soli 26 anni, a causa di tre tumori che gli hanno consumato la vita. Una vita che l'ha abbandonato proprio nel giorno del compleanno della sua mamma. E poi gli impegni per la bonifica, mai rispettati. Doveva partire anni fa, l'ultima promessa era per l'estate del 2009, ma in realtà la casa è ancora lì, svuotata definitivamente dalle famiglie nel luglio scorso. E ora, che quei pannelli ormai grigi sono vuoti e silenziosi da quattro mesi, ancora nessun lavoro è iniziato. Qui in visita erano venute pure il sindaco Moratti e il ministro Prestigiacomo, seguite da grandi scorte. Tante promesse, ma nulla è stato fatto.

Quelle 152 famiglie, con i loro morti e le loro malattie, non hanno mai smesso di battersi. Perché la vita là dentro non era semplice, anzi, pericolosa, per via di questo spettro che ogni giorno le accompagnava. Eppure si era creata un'unione, una corrispondenza di intenti, una combattività difficile da smontare, anche se oggi quelle famiglie sono state divise, riassegnate in case sparse per la città. "Qui, nel complesso dove viviamo noi, avrebbero potuto metterci in molti", ci fa notare Elena, "ci sono un sacco di appartamenti vuoti, che non vengono assegnati".

Oggi c'è ancora molto da fare. C'è la lotta da portare avanti, c'è la via processuale difficile da intraprendere, c'è l'idea di ritrovarsi con altri comitati, altre situazioni simili e altrettanto dolorose, c'è la voglia di non mollare, anche se le forze a volte iniziano a mancare. Ci sono le malattie da sconfiggere e la paura per i figli. Il grido una madre che piange di terrore ogni volta che il suo ragazzo sente anche solo un lieve mal di testa. Ma Elena e la sua famiglia ci hanno insegnato molto. Ci hanno insegnato che, anche se la vita pubblica, e soprattutto chi la amministra, a volte sembra prenderti in giro, si può comunque guardare avanti, senza arrendersi.

Ilaria Leccardi
da Polvere sottile