TORINO - Si tratta di una breve sequenza, una manciata di minuti che finiscono con una vampata. Ritrae i primi attimi del rogo della Thyssen. Tutto ricostruito in digitale, con un'animazione 3D. Fiction, certo. Ma l'impatto emotivo è assolutamente realistico. Il video è stato mostrato ieri mattina in Corte d'Assise. Racconta la notte del 6 dicembre 2007: siamo sulla linea 5 e un gruppo di operai imbraccia gli estintori per spegnere delle fiamme. Antonio Boccuzzi si inginocchia per prendere la manichetta dell'acqua, un suo collega lo guarda e, improvvisamente, un'onda di fuoco lo inghiotte. Durante la proiezione, alcuni parenti delle vittime hanno lasciato l'aula, altri sono rimasti con le lacrime agli occhi.
A illustrare il video è stato il professor Norberto Piccinini, consulente della procura, che ha ricostruito insieme a due colleghi la dinamica dell'incendio. Secondo i periti dell'accusa, tutto è partito da una lamiera: scorrendo lungo la linea, sbandò e fece attrito su un sedimento, producendo scintille che caddero su della carta abbandonata. «La carta che brucia - ha spiegato Piccinini - fa fiamme piuttosto modeste però pezzi di questa sono scesi verso il basso e hanno trovato dell'olio che è evaporato e ha preso fuoco». L'olio si trovava in una gabbia metallica di due metri per due e mezzo, posta sotto la spianatrice e accumulato per l'incuria.
Le fiamme si alzarono per più di un metro. Gli operai, come in altre occasioni, intervennero con gli estintori. «Nessuno pensò che i flessibili non potevano resistere al fuoco oltre i cinque, dieci minuti. I lavoratori, quindi, non si allontanarono». Ma a un certo punto proprio un tubo flessibile d'olio idraulico si ruppe: il liquido scaraventato fuori ad altissima pressione nebulizzò e venendo a contatto con il fuoco generò la fiammata. Una nuvola incandescente di dieci metri di diametro che si abbatté sugli operai, rimanendo sospesa a un'altezza di circa un metro. Lo si nota dalle fotografie, ecco perché fu risparmiata la parte inferiore del muletto che salvò la pelle a Boccuzzi.
«Dopo questa prima esplosione, sono scoppiati altri dieci o dodici tubi», ha fatto notare un altro consulente, l'ingegner Allamano, che ha spiegato come l'impianto della linea 5 non avesse un sistema di centraggio automatico delle lamiere. L'azienda che lo costruì non lo installò, seppur fosse un dispositivo poco costoso: «È roba da ventimila euro». Avrebbe potuto limitare lo sbandamento del nastro trasportatore e la produzione di scintille. Dalle immagini scattate si vede infatti come le strutture di carpenteria della linea fossero tutte segnate: «Il nastro sbandava e andava sempre a grattare contro le pareti».
Rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Raffaele Guariniello, Allamano ha sottolineato poi che «la manutenzione su una linea come questa fosse indispensabile, perché problemi su impianti del genere si verificano quasi quotidianamente». Ma gli ultimi mesi della Thyssen sapevano solo di abbandono. Se agli operai fosse almeno stato indicato di schiacciare in circostanze simili il temuto pulsante d'emergenza, questo non avrebbe attivato alcun impianto antincendio ma avrebbe sicuramente limitato il flusso dell'olio.
Processo Thyssen, dodicesima udienza
Da il manifesto del 26 marzo
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