lunedì 31 ottobre 2011

Marchionne rinvia, l’indotto Fiat in Piemonte muore

L’ad Fiat è attivissimo nelle relazioni industriali italiane. Ma i dati di produzione e di vendita delle auto sono negativi e i piani per Mirafiori sono cambiati più volte. Così, di rinvio in rinvio, l’indotto piemontese (sedili alla Lear di Grugliasco, scocche alla Teksid di Carmagnola, gomma per interno motori, ammortizzatori e molto altro) soffoca. Tutto l’automotive arranca (chiude anche Pininfarina) e ormai pochissimi, secondo uno studio Ires, credono che l’accordo Fiat-Chrysler possa avere qualche ritorno positivo sul mondo della componentistica.

«Il lancio commerciale dei nuovi modelli Alfa Romeo e Jeep è previsto per il terzo/quarto trimestre del 2012». Era il 23 dicembre del 2010, il giorno dell’ accordo (senza la Fiom) per Mirafiori, e la Fiat comunicava i nuovi piani per lo stabilimento torinese. Nel mese successivo si sarebbe capito che si trattava di due suv a marchio Jeep e Alfa. Ottobre 2011, contrordine, il Lingotto annuncia in un comunicato, intestato col doppio stemma Chrysler e Fiat: «La produzione del primo modello, un suv a marchio Jeep, è prevista per la seconda metà del 2013». Quasi un anno di ritardo. Confermata la Mito e il suo restyling, volato invece in Serbia il monovolume L0, Mirafiori ha perso due dei cinque modelli prodotti fino al 2010 (Punto e Multipla), ne ha mantenuti altri due, Musa e Idea, quasi al capolinea, e si prepara a un lungo periodo di cassa integrazione. Ma a far le spese dello stallo del gigante Mirafiori e delle incertezze su Fabbrica Italia non sono solo i lavoratori delle Carrozzerie (e i più silenziosi degli Enti centrali, che – alla luce della nuova joint-venture – si domandano quali prospettive avrà la progettazione in Italia), sono una fitta schiera di aziende dell’indotto che in questi giorni comunicano esuberi o ricorrono alla cassa. [Continua]

Da Linkiesta del 30 ottobre

domenica 30 ottobre 2011

Gramsci, un brand di lusso

TORINO - Correva l'estate 2004 e una polemica rovente alimentava la calura torinese. A pochi passi dalla Mole e dal Carignano, in piazza Carlo Emanuele II, conosciuta da tutti come «Carlina», un palazzo storico e malmesso, destinato all'edilizia popolare, sarebbe stato - una volta sfrattati gli inquilini - «convertito» in albergo di lusso provvisto di ogni comfort. Niente, purtroppo, di così strano se non fosse che in quella casa aveva vissuto, dal 1914 al 1922, il giovane Antonio Gramsci, alloggiato presso la vedova Berra, madre dell'amico Camillo, in via San Massimo 14, con ingresso dal civico 5 (oggi 15) di piazza Carlina. E scoppiò la miccia tra fronti contrapposti della prima giunta Chiamparino: da una parte Pdci e Prc, dall'altra il resto della compagine. Toni forti e lacerazioni. «Giunta colta dal male della pietra» stigmatizzò lo storico Angelo D'Orsi, ricordando che in quel palazzo vissero, oltre all'autore dei «Quaderni del carcere», pure Angelo Tasca e i genitori di Gobetti.

Corre, ora, l'autunno 2011 e, spenti i fuochi della polemica, il cantiere, dopo continui rinvii e altre liti, è aperto da sei mesi. Da pochi giorni le impalcature sono state addobbate con il volto e le frasi del grande intellettuale comunista, che da oggetto di contesa si è trasformato in «brand». Certo, meglio di uno spot a un cellulare performante o a un arrogante suv, ma forse si adombra un po' di indulgenza mediatica. L'archigrafia è stata inaugurata il 24 ottobre dal sindaco Piero Fassino. La lunga «scenografia» di 46 metri ideata dalla Fondazione Istituto piemontese Gramsci, racconta alcuni momenti legati alla presenza del politico sardo a Torino, dalla formazione del suo pensiero all'eredità lasciata alle generazioni future. Rivestono i teli esterni alcune sue frasi: «Il mondo è grande terribile e complicato» (Avanti!, 1918); «Istruitevi! Avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza» (L'Ordine Nuovo, 1919). E spiccano i volti dei suoi interlocutori: Einaudi, Verga, Gobetti, Pirandello, Croce, Salvemini e Tasca. «Non sarà solo un'opera meramente commemorativa ma vuol diventare - spiega la Fondazione - l'occasione per un discorso ampio sulla cultura italiana, i suoi protagonisti e i suoi luoghi. E soprattutto sul suo valore per il presente e il futuro della città e dell'Italia». Nascerà anche un'area espositiva multimediale.

Prima di Gramsci, il palazzo aveva già una storia antica. Fu costruito nel '600 come «Albergo di virtù» per gli orfani, poi, nel '900, diventò casa per affitti della comunità ebraica torinese (Gramsci aveva abitato qui - come recita la targa posta sui muri - negli anni delle lotte operaie «contro l'incombente reazione, forgiando il partito comunista, guida decisiva per la libertà e il socialismo»). Poi, l'edificio fu destinato all'Atc (Agenzia Territoriale per la Casa). Nel 2001 il Consiglio comunale di Torino aveva presentato una mozione con la quale si indicava che la destinazione d'uso dell' immobile dovesse restare edilizia residenziale pubblica. Poco dopo, arrivò l'allettante proposta degli scandinavi Radisson e l'amministrazione Chiamparino cambiò idea. Agli svedesi subentrarono successivamente nel 2006 gli italiani De Giuli e gli spagnoli di Nh, vincitori dell'asta con un rilancio di soli centomila euro, rispetto alla base di 7,14 milioni. Il futuro di Casa Gramsci è un quattro stelle «superior».

lunedì 24 ottobre 2011

Vincono i No Tav



Diamoci un taglio. La manifestazione pacifica e determinata del popolo No Tav: 20 mila persone, a Giaglione, domenica 23 ottobre. Una jam session di tamburi, cori dei ragazzi, bandiere al vento, campanacci per festeggiare il taglio della reti che delimitavano la zona rossa.

Da il sito de il manifesto, 24 ottobre