A quarantotto ore dal summit dell’Aquila, ventuno arresti tra studenti dell’Onda e militanti di centri sociali. Sono accusati degli incidenti del 19 maggio a Torino. Il gip: «Scontri preordinati, potevano reiterare il reato in Abruzzo»
TORINO - La lancetta dell'ora deve fare ancora due volte il giro dell'orologio, prima che si inauguri con sfarzo il G8 dell'Aquila. Il momento giusto - penserà qualcuno - per creare tensione. Mancano, infatti, solo 48 ore all'incontro, quando scatta l'operazione Rewind sugli incidenti del contro G8 University Summit (19 maggio scorso). La guida la Digos di Torino, con la direzione centrale della polizia di prevenzione. È mattina: il portone dell'Askatasuna di Torino viene sfondato, così come quello di radio Sherwood di Padova. Più di trenta perquisizioni in case private in tutta Italia. E scattano gli arresti per 12 persone sotto la Mole (5 ai domiciliari), 2 a Padova (uno è Max Gallob, leader del centro sociale Pedro), 4 a Bologna e uno a L'Aquila. Quest'ultimo è il napoletano Egidio Giordano, attivista di Insurgencia: è stato prelevato dal campo 3e32, il quartier generale dei terremotati. Due ragazzi dell'area padovana colpiti dal provvedimento non erano in casa, uno si trova in Iran a fianco dei manifestanti.
In tutto 21 arresti, ritenuti dalla Procura di Torino responsabili degli scontri. Una ventina gli indagati. I reati contestati sono violenza e minaccia a pubblico ufficiale aggravata, lesioni personali e violenza privata. Tra i ragazzi, quasi tutti studenti universitari, molti sono giovanissimi (11 hanno meno di 25 anni) e incensurati, diverse le matricole. Il gip Alessandra Bassi ha motivato la misura della custodia cautelare in carcere con il pericolo di reiterazione dei reati, anche «in vista dell'imminente G8». Alcuni tratti dell'operazione sembrano però quasi ad «orologeria» e presentano qualche «anomalia» di troppo. Il giorno scelto per esempio: le ordinanze sono del 3 luglio, ma sono scattate solo ieri, dopo Vicenza e all'alba del G8. Molti ragazzi sono incensurati e i reati per cui sono accusati non così gravi (non si parla di devastazione). «È quindi particolare - notano i legali Aurora D'Agostino e Gianluca Vitale - che le ordinanze vengano emesse, per un episodio di scontri di piazza, a distanza di più di un mese dall'accaduto». Stupito anche Roberto Lamacchia, difensore di sei dei 12 giovani torinesi: «Non capisco come la procura abbia deciso di assumere misure così drastiche».
L'indagine si è basata su prove fotografiche e video. Duro l'intervento del capo della Procura, Giancarlo Caselli, che ha parlato di «mutazione genetica» del corteo: poco prima di arrivare al Castello del Valentino «si vedono le componenti pacifiche allontanarsi e i restanti 300 coprirsi il volto con sciarpe e caschi ed estrarre mazze e fumogeni». Per Caselli sono prove inconfutabili «di un'organizzazione premeditata e paramilitare degli scontri». Gli studenti dell’Onda non ci stanno: «Nessuna organizzazione paramilitare, anzi c'era totale condivisione allo sfondamento della zona rossa». Puntano l'indice contro il ministro dell'Interno, Roberto Maroni: «È lui il mandante. Oltre a reprimere il dissenso, compie una azione preventiva alla vigilia del G8».
Da il manifesto del 7 luglio
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