Se scorie, un vecchio inceneritore e due centrali termoelettriche non bastano
TRINO - Magari qualcuno lo trovi che ti dice che può essere conveniente. «Un bel business». Ma per lo più alla gente di Trino Vercellese sembra di essere sottoposta a un esperimento sociologico. «Vogliono vedere quanto resistiamo!». A cosa? «Di alluvioni ne abbiamo avute già due, di crisi non ne parliamo, e ora vogliono piazzarci una seconda centrale nucleare». Non è sindrome nimby (Not in my backyard, insomma: non nel mio cortile), anche se a Roma piace vederla così. Qui dicono di avere già dato. E pure tanto. L’eredità di quel passato, che il governo vorrebbe far tornare, pesa ancora sulle spalle di questa terra dove la risaia diventa prima fiume e poi, superata la riva, collina. È custodita a Saluggia e a Trino in quei depositi, costruiti provvisoriamente (ma ormai non troppo) quasi sul greto di Po e Dora Baltea, che accolgono l’85 per cento delle scorie del nostro paese. Nel 2000, quando l’impianto Eurex fu allagato, si sfiorò, parole di Carlo Rubbia, «una catastrofe planetaria». Ogni ingrossamento del fiume, un allarme.
Così, dopo l’accordo Sarkozy-Berlusconi, la sonnacchiosa politica vercellese si è risvegliata unita, da destra a sinistra, contro «quel ferrovecchio francese». Poi la logica “dei se e dei ma” ha prevalso nella parte di governo: un monocolore di centrodestra ormai indistinto dal capoluogo provinciale a Trino, cittadina di ottomila anime, un tempo tra le più rosse. Anche quando ci fu da votare, nel 1987, per il referendum e il Pci locale era favorevole all’atomo. Pare passata un’eternità. Roberto Rosso era già un giovane rampante democristiano, ancora consigliere comunale ma pronto a spiccare il volo verso Montecitorio, con un perfetto sorriso berlusconiano e un astio esibito nei confronti della sinistra. «Colpa loro, sempre loro», ci tiene a ribadire sul fatto che non si sia fatto il deposito nazionale scorie a Scanzano Jonico, in Basilicata. Se adesso esistesse, non avrebbe remore ad accettare una nuova centrale nella sua Trino che gli ha regalato cifre bulgare (il 40 per cento alle ultime politiche). Invece, le cose non stanno così. E gli tocca andare contro il suo governo: «Intanto risolviamo il problema delle scorie, poi semmai ne parliamo». Lui, che è stato responsabile Energia di Forza Italia, non rileva però differenze di vedute con Berlusconi: «Rimango profondamente nuclearista, confido che si trovi presto il deposito nazionale e non vedrei nemmeno male Leri Cavour come luogo idoneo». Ecco, se lo sentissero gli ambientalisti ci sarebbe più che un moto di rivolta, ma anche se solo lo ascoltasse il presidente della Provincia di Vercelli Renzo Masoero (An, ora Pdl), che il giorno del patto italo-francese aveva lanciato su facebook la provocazione di costruire una centrale in Brianza, anziché dalle sue parti. Dopo ha corretto il tiro: «Se proprio non possiamo farci niente, almeno ci diano in cambio cinquemila posti di lavoro». Risposta considerata illusoria dal trinese Alessandro Portinaro, 30 anni, candidato sindaco del Pd: «Con il nucleare l’economia rimarrà ferma per vent’anni». Portinaro, alle amministrative, potrebbe vedersela proprio con Rosso, che, dopo aver perso a Torino contro Chiamparino, torna alla carica nel suo piccolo feudo.
Se percorri la strada delle Grange (le antiche cascine medievali), a un certo punto, in piena campagna, spuntano due torri che ti fanno sentire quasi nella Springfield dei Simpson. Sono quelle della centrale a ciclo combinato Galileo Ferraris di Leri Cavour (frazione di Trino) ed è il sito a cui tutti alludono, seppur nessuno lo citi direttamente, come al nuovo impianto atomico. Per la verità le istituzioni, spinte da Legambiente e Cgil, volevano farne un polo di ricerca sulle energie alternative. Ma gli ettari inutilizzati sono stati ceduti a privati. Quindi, ipotesi fallita. A pochi chilometri da qui c’è la zona che Rosso vorrebbe lanciare turisticamente: l’abbazia di Lucedio, il centro della sua società Terre d’Acqua, probabile destinataria di parte (un milione e 300mila euro) dei fondi compensativi detti “Scanzano” destinati al Comune di Trino.
È facile dire da fuori che quelli della piana vercellese sono “i soliti che non vogliono niente nel proprio giardino”. Il problema, rispondono loro, è che già hanno troppo: le scorie, un vecchio inceneritore a Vercelli, due impianti termoelettrici sulle Grange e la piaga dell’Eternit a due passi da casa (Casale Monferrato e Cavagnolo). Eppure già si prova a far leva sul nimbysmo, magari di sinistra, di questa comunità. Una ricetta mai invecchiata. Del resto, tutto è comunicazione: «Come una crisi economica risolta col nucleare», sottolinea il candidato sindaco Portinaro. Gian Piero Godio, di Legambiente, che dalle barricate no-nuke non è mai sceso, spera che l’accordo italo-francese sia un bluff. E parla del piano energetico regionale «come tutela». È stato approvato ai tempi del governo Ghigo (che sull’argomento oggi ha cambiato idea): «C’è scritto che il Piemonte dice no al nucleare. In tema energetico la Costituzione precisa che Regione e Stato hanno competenza concorrente. E senza intesa, nulla da fare».
Da Diario del 3 marzo
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