Tensioni tra i parenti durante il processo Thyssen
TORINO - Non serve far troppe domande, lo leggi sui volti dei parenti come la pensano. Rabbia e amarezza, dopo l'ennesimo - questa volta più pesante - assalto del governo al Testo unico. L'aria è tesa in Corte d'Assise e non poteva che essere così. Quella norma salva-manager se entrasse in vigore renderebbe vano - perché retroattiva - un processo storico come quello Thyssen. Intanto, 600 chilometri più a sud, a Roma, il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha provato a smarcarsi dalle accuse, si sente «infamato» dai sospetti della Fiom: «Con la bozza di decreto il processo Thyssen non c'entra nulla». E si dice «pronto a riscrivere» il discusso articolo 15 bis che deresponsabilizzerebbe i vertici aziendali in materia di sicurezza. Il Pd plaude alla disponibilità. Ma, a ben vedere, la posizione del ministro non si discosta molto dalla precedente: «Vogliamo circoscrivere - ha ribadito - l'ambito nel quale la responsabilità del datore di lavoro esiste anche in presenza di responsabilità di vari sottoposti, dal top manager all'ultimo lavoratore, e indicare i casi in cui c'è anche una mera omissione». Guglielmo Epifani, dal canto suo, suggerisce: se non vuole ascoltare la voce della Cgil, almeno senta il procuratore Raffaele Guariniello, che ancora ieri si è detto preoccupato per «l'ambiguità» della norma.
Tornando all'aula del Palagiustizia, il giorno dopo la tempesta non è stato certo quello della ritirata. «Il governo vuol difendere i padroni, ma noi non abbassiamo la testa», hanno detto i familiari delle vittime. Hanno preso carta e penna e hanno scritto alla più alta carica dello Stato, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che in serata è arrivato sotto la Mole per presentare la Biennale della democrazia. Hanno, inoltre, chiesto di incontrarlo in questi giorni di soggiorno torinese. E' toccato a Laura Rodinò, sorella di Rosario (morto nel rogo a soli 26 anni), parlare a nome di tutti i familiari: «Abbiamo lanciato un appello a Napolitano perché vigili e si adoperi per evitare questa scellerata proposta di modifica. Il tentativo è quello di vanificare gran parte del lavoro fatto dalla Procura di Torino per i processi Thyssen ed Eternit. Noi non ci stiamo, non vogliamo che la legge venga toccata». La lettera è volata a Roma con Antonio Boccuzzi, che il giorno della tragedia era sulla linea 5 e adesso è parlamentare Pd. A lui, il compito di consegnarla direttamente nelle mani del capo dello Stato. Il testo si conclude con una domanda rivolta a coloro che hanno il dovere di legiferare: «Se fossero stati i vostri figli a morire in quel modo che cosa avreste fatto?». Il presidente Napolitano ha subito comunicato «costante attenzione» ai familiari.
Per protesta contro il lodo, i parenti hanno sistemato sui banchi dell'aula un'immagine con le foto delle 7 vittime e la scritta «Non uccideteli una seconda volta». L'udienza ha vissuto i malumori della giornata. Dopo il controesame dei consulenti delle parti, è stato ascoltato un responsabile di manutenzione, Roberto Beltrami, secondo cui, in caso di incendio gli operai tendevano a non premere il pulsante di emergenza (quello che blocca l'intera linea). «C'era invece la brutta abitudine - ha aggiunto Beltrami - di fermare solo la sezione di entrata», cosa che, secondo la difesa, accadde proprio la sera del rogo. Il tecnico però ha anche spiegato che in merito non c'erano istruzioni precise da parte dell'azienda. Il processo riprenderà il 28 aprile e oggi, in una simbolica staffetta, toccherà all'udienza preliminare Eternit.
Ritornando alle parole di Sacconi, nel corso dell'audizione in commissione di d'inchiesta sulle morti bianche, il ministro ha risposto a muso duro alle accuse sollevate dalla Fiom: «È un modo infamante per criticare una tesi che può essere opinabile, ma non oggetto di accuse infondate. Che c'entra il processo Thyssen con questo? Lì, l'ipotesi è di omicidio volontario, quindi non lo tocca». Ha poi precisato: «La responsabilità penale non può essere meramente oggettiva, ma fondata su un nesso causale che può essere individuato, quando il datore non ha compiuto atti che invece doveva compiere». E sulla proposta di riscrittura sono intervenuti i senatori Pd Nerozzi e Roilo: «Bene, ma dovrà essere conforme con gli obblighi previsti dall'articolo 2087 del codice civile, secondo cui è dovere del datore garantire le norme di sicurezza dei lavoratori». Purtroppo spesso disatteso. Duro l'attacco dell'Italia dei Valori alla modifica della norma: «È come il lodo Alfano applicato al mondo del lavoro. E' incostituzionale - afferma la senatrice Giuliana Carlino - perché esclude la responsabilità dei top manager». Proprio il problema di incostituzionalità potrebbe essere sollevato dalla Conferenza Stato-Regioni attualmente in corso. Causa «eccesso di delega».
Processo Thyssen, quattordicesima udienza
Da il manifesto del 22 aprile
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