La proposta di transazione di uno dei due imputati esclude un gran numero di parti offese
TORINO - Anche a voler sembrare «filantropi» non ci si riesce se, alla lunga, si pensa esclusivamente alle proprie tasche. E così, si può venire a scoprire che l'offerta di Stephan Schmidheiny, uno dei due imputati al processo Eternit, rivolta alle vittime casalesi dell'amianto, non riguarda tutti gli ammalati. Per esempio se ti sei preso una broncopneumopatia da silicati, il magnate svizzero non si sente in dovere di un indennizzo. «Ma come? A Casale, quando uno si ammala, dice, in dialetto, di avere 'preso la polvere', senza distinguere tra asbestosi e il resto» commenta con stupore Nicola Pondrano, segretario locale Cgil, che solo lunedì ha scoperto questa «clausola» esaminando la pratica risarcitoria di un ex lavoratore. L'offerta è invece prevista per chi ha contratto un mesotelioma o ha un'invalidità derivante da asbestosi non inferiore al 30%.
Non c'è da stupirsi. In fondo si sapeva che era una proposta unilaterale: prendere o lasciare e, se prendi, rinunci a costituirti parte civile e a qualsiasi rivendicazione futura. Come si sa, a differenza del barone belga De Cartier (l'altro imputato) che non si è mai fatto vivo, lo svizzero ha fatto due offerte di transazione: una agli ex-lavoratori (al massimo 60 mila euro) e una ai cittadini (30 mila). Ciò che, però, indigna maggiormente Bruno Pesce, coordinatore della Vertenza amianto, è altro: «In Italia, per questioni di questo tipo, vale sempre la regola del 'salvo buon fine' come per gli assegni. Ma qui non è prevista se non verbalmente e, quindi, ex lavoratori e cittadini si troverebbero a firmare una sorta di cambiale in bianco, senza essere certi del risarcimento». Se mancasse un documento, il rischio ci sarebbe.
Ieri, al Palagiustizia di Torino è continuata l'udienza preliminare con l'appello per le richieste di costituzione di parte civile. Questa volta sono state più di 150. E finora, sono 736 le «persone fisiche» che hanno chiesto di costituirsi: 290 si sono presentate al Tribunale, le altre hanno firmato una delega agli avvocati. Vanno poi aggiunti 29 enti (territoriali e non) da tutta Italia. Sindacati, associazioni e istituzioni, come il comune di Cavagnolo (2400 abitanti, in provincia di Torino) che ha già calcolato il suo risarcimento, un milione di euro.
A Cavagnolo, come a Casale, tutti si ricordano il camion scoperto che trasportava l'amianto frantumato per la città: «Hanno sparso la polvere ovunque» ricorda Pesce che, riferendosi al processo, parla di una «grande operazione verità che serva a tutto il mondo: noi speriamo in una sentenza-monito per far sapere alle persone dei paesi più deboli che di amianto si muore». Difficile da credere, ma ci sono paesi civilissimi come il Canada che oggi continuano a estrarre amianto e a esportarlo in casa d'altri, in India o in Cina (i maggiori importatori).
Da il manifesto del 9 aprile
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