Norma salva-manager: «Sarebbe uno insulto a tutte le vittime di infortuni»
TORINO - Quel che più spaventa è che la norma «salva-manager» sarebbe retroattiva, mandando così in fumo le speranze di giustizia. Lo dicono gli ex operai della ThyssenKrupp e i parenti delle sette vittime del rogo del 6 dicembre 2007. A Torino, la notizia di modifica dell'articolo 15 bis del Testo unico rimbalza da Roma e raggela tutti. Finora il dibattimento in Corte d'Assise, che questa mattina giunge alla 14° udienza, era proseguito senza troppi intoppi. Certo, non si dormivano sonni tranquilli: Guariniello e i sindacati avevano già lanciato allarmi sul rischio che le basi del Testo fossero minate indelebilmente. Ma una bordata come questa non se l'aspettavano.
Quando lo raggiungiamo, Giovanni Pignalosa, ex operaio dello stabilimento di corso Regina Margherita, è in macchina; si dice allibito, incredulo: «Significa che la legalità fa paura. Il governo attacca la giustizia che funziona. E' uno sciacallaggio». Poi si chiede: «Ma com'è possibile? Dopo la Thyssen, e io quella sera c'ero, ci sono stati altri 1200 morti sul lavoro e quest'anno forse altrettanti. Ne vogliamo ancora di più?».
Se venisse meno la possibilità di accertare la responsabilità di chi sta in alto, cadrebbe l'impianto accusatorio formulato dal pool di Guariniello, che invece dei soliti capetti è riuscito a portare in Tribunale i vertici delle aziende, sia per l'Eternit sia per la Thyssen. Proprio per quest'ultima, per la prima volta, è stato preso in considerazione il reato di omicidio volontario per una morte sul lavoro. Carmelo De Masi era il padre di Giuseppe, 26 anni, l'ultimo a morire dopo 24 giorni di agonia: «Così paga solo il pesce più piccolo, ma la responsabilità è in alto. Queste notizie ci indignano profondamente».
Ora, Antonio Boccuzzi è parlamentare per il Pd, ma quel giorno era sulla linea 5 ed è l'unico sopravvissuto al rogo: «La riformulazione del Testo unico è gravissima, innesca una deresponsabilizzazione a catena che andrebbe a inficiare l'esito del processo Thyssen, come di tanti altri in corso. Il parto del Testo fu difficile già ai tempi di Prodi, ora Berlusconi ne demolisce gli spunti positivi. Giusto premiare le aziende virtuose, ma allo stesso tempo bisogna punire chi non rispetta le norme di sicurezza».
Ciro Argentino, anche lui ex operaio Thyssen, è appena tornato da Taranto, dalla manifestazione davanti all'Ilva contro le morti sul lavoro: «Un paese civile non può farsi garante di responsabili di omicidio. Queste morti, d'ora in poi, le chiameremo assassinii di stato. Respingo con sdegno l'attentato ai diritti e alla libertà dei lavoratori. Se così sarà, è probabile che i manager Thyssen, i veri responsabili della tragedia, rimarranno impuniti. Al massimo, la colpa ricadrà su quelli più in basso». Argentino si riferisce a Salerno, direttore dello stabilimento, e a Cafueri, responsabile manutenzione. L'amministratore delegato Espenhahn e gli altri tre dirigenti (Prigneitz, Pucci, e Moroni) sarebbero salvi. Intanto, Legami d'acciaio - l'associazione degli ex lavoratori Thyssen - chiama alla mobilitazione. Forse già questa mattina ci sarà un presidio per contrastare le proposte del governo.
La preoccupazione sale. «Bisogna impedire che il processo finisca in un nulla di fatto», dice il segretario Fiom, Giorgio Airaudo. «La legge deve accertare se vi è un responsabile, soprattutto quando sul lavoro si viene esposti a gravi rischi». E sulla retroattività? «E' molto sospetta - conclude Airaudo - visto il valore simbolico del processo Thyssen. Non si può fare questo torto a tutte le vittime del lavoro».
Da il manifesto del 21 aprile
Sullo stesso numero due pagine su Il delitto perfetto
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