giovedì 5 febbraio 2009

Wu Ming 1 - New Thing

Rispolvero un libro di cinque anni fa e un vecchio scritto

Opera solista di Wu Ming 1 - per la prima volta senza gli altri quattro del collettivo - New Thing è un romanzo corale che, nella New York del 1967, intreccia jazz e movimento dei diritti dei neri, collocando al centro del racconto la storia di Sonia Langmut, giovane giornalista, scomparsa dopo aver indagato su alcuni omicidi che scossero profondamente la comunità afro-americana. Quelli del «Figlio di Witheman» ai danni di alcuni jazzisti neri.

Tutto è costruito «a posteriori». I protagonisti di allora, che ora si trovano nell’America della «War on Terror», dopo l’attacco alle Twin Towers e nell’apice dell’ideologia neo-cons, sono intervistati da qualcuno, di cui non si sa niente, tranne che si sia messo sulle tracce della Langmut. La narrazione si sviluppa come un montaggio cinematografico e mescola l’approccio alla storia orale (lo spiega il post-scriptum metodologico o meglio i «titoli di coda») con l’inchiesta cara al new journalism e il linguaggio del documentario. L’autore, infatti, quasi si «sottrae» dal testo, spegnendo la propria voce, diventando così il regista dei fili del racconto.

Nel mezzo, New Thing, si tinge di noir con gli omicidi del «Figlio di Whiteman», mantenendo però sempre in vista l’articolato corpus tematico che abbraccia musica, storia e sperimentazione, sia letteraria sia politica. Chi è allora questo fantomatico «Figlio»? Una scheggia impazzita in un clima già surriscaldato dalla guerra in Vietnam e dai rigurgiti razzisti del Klu klux klan e simili, oppure è strumento dell’ establishment, proprio negli anni in cui l’Fbi istituisce il Cointelpro, un programma per condurre una sporca guerra contro i dissidenti neri? Domande a cui Sonia non può più rispondere. Lei, che era una reporter appassionata di musica, bianca e hippie, armata solo di un registratore butoba mt5, ci ha rimesso la pelle.

Sullo sfondo, che spesso invade il primo piano, si alternano importanti cambiamenti nella società e nella cultura afroamericana (e non solo), con l'ascesa del Potere Nero e della «nuova cosa» (new thing, appunto), il jazz libero di Albert Ayler, Archie Shepp e Bill Dixon. Sopra ogni cosa - tra le pagine - John Coltrane, nume tutelare della nuova onda e mentore di una società in divenire. Attraverso monologhi poetici, «Trane» (il confidente nell'ombra della giornalista), che nei giorni degli omicidi sta morendo di cancro, affronta una riflessione sulla vita e sulla fine di questa, ormai non lontana.

Wu Ming 1 (a.k.a. Roberto Bui) propone una spiazzante commistione tra fiction e realtà, dove il confine tra le due dimensioni è assolutamente labile ma fondamentale per raggiungere un perfetto equilibrio tra ricerca stilistica e ricerca documentale. Da leggere in ogni angolo e nota. Anche la bibliografia finale, in cui si cita l’autobiografia di Stokely Carmichael, scritta con Ekweme Michael, Ready for Revolution. Eh sì, perché in quegli anni, Stokely parlava in ogni dove di Black Power.

Einaudi Stile Libero, 2004

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