TORINO - Un conto è mangiar poco, talvolta può anche far bene. Ma mangiare male, invece, è sempre cattiva cosa. E la crisi economica porta i lavoratori a rinunciare, oltre che alla quantità, anche alla qualità del cibo. Allora perché – si sono detti alle Presse di Mirafiori – non provare a mangiare bene, senza spendere un capitale? Anzi, pagando meno del solito, perché se alla quarta settimana non ci si arriva già con lo stipendio pieno, figuriamoci in cassa integrazione.
Le possibilità ci sono: basta abbattere i costi di distribuzione, pubblicità e quant’altro. Come fare? Andando direttamente dal produttore, magari in campagna. E così, per la prima volta in una fabbrica metalmeccanica è nato un Gas, un gruppo di acquisto solidale. Gli operai si sono autorganizzati e la scorsa settimana hanno raccolto le prenotazioni per il paniere. La Fiom ha dato supporto non solo logistico: «Non ci rifugiamo nel mutualismo – ha spiegato il segretario Giorgio Airaudo - la lotta contrattuale continua, pure quella per la difesa del posto e a sostegno del reddito. Ma in questa fase così critica è indispensabile costruire delle reti di solidarietà nella migliore tradizione del movimento operaio».
Ieri, davanti alla porta 15 di Mirafiori è stata la volta del debutto per il primo paniere di prodotti alimentari. Quello della quarta settimana. C’era un po’ di ansia da esordio e anche qualche fotografo a immortalare l’evento. Ecco, il camion frigo, per il cambio turno (13,20 – 14,30): un banchetto e fuori le buste della spesa. Tre tipi di carne, latte, stracchino, parmigiano, gorgonzola, uova e mozzarelle. E arrivano i primi lavoratori. Beppe è dal 1987 in Fiat, «uno degli ultimi assunti» precisa. Fa il delegato e ha aderito al Gas, che qua chiamano Gasp, perché ci mettono al fondo l’iniziale di Presse: «Il gruppo nasce per venire incontro a chi paga sulla propria pelle il prezzo della crisi ed è un modo per riscoprire la solidarietà negli acquisti». Era da tempo che alle Presse stilavano un grafico sugli indici dei prezzi al consumo diffusi dall’Istat. Fatti due calcoli, hanno notato che si poteva risparmiare, senza rinunciare alla qualità. In un supermercato lo stesso paniere varia dai 31 ai 56 euro, un cesto Gasp ne costa invece 25. I fornitori sono, per ora, la Centrale del latte di Alessandria e Asti e la cooperativa Sapori 4 Cascine.
In un angolo c’è Fortunato, 49 anni: da 31 lavora in Fiat e da 6 è in cassa integrazione. Di crisi, se ne intende. Sta in disparte, ha in mano la busta paga, quella di gennaio e quella di dicembre. Cinquecentosettanta euro di differenza, tra l’una e l’altra. Nell’ultimo mese ha lavorato, mentre sotto Natale è rimasto a casa, prendendo 700 euro: «La rotazione prevista per legge – mi spiega - non è mai applicata in modo regolare, sempre a svantaggio di qualcuno. Dal 2003 avrò fatto 9 mesi di servizio. Il problema è che la forbice tra salari e costo della vita si allarga sempre di più e se non avessi i miei genitori a darmi una mano, con 360 euro al mese di mutuo, non saprei come campare». Non conosceva il «paniere», la vede come una buona idea, ma non si sbilancia. Silvia sorride di più e si avvicina con la sua borsa: «Tanto di cappello alla Fiom, ora però voglio assaggiarli questi prodotti prima di dire come sono».
Sempre alla porta 15 è continuata la raccolta firme per chiedere l'adeguamento dell'indennità di cassa integrazione all'80%. Come mi dice Antonello: «A una crisi straordinaria chiediamo al governo provvedimenti straordinari». Alle due e mezza si smonta tutto, Elisa, da trent’anni in Fiat, è contenta del risultato: «Per essere la prima volta è andata bene, ormai siamo un centinaio al Gas. Tutto merito delle Presse» conclude con un po’ di orgoglio. La stessa iniziativa verrà ripetuta mercoledì alla Viberti di Nichelino.
Da il manifesto del 21 febbraio
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