TORINO - Vuole vivere a Torino, fare un film e un festival non isterico. Il lascito di Moretti sarà anche un fardello pesante, ma Gianni Amelio non nasconde la sua personalità. Lo fa in modo diverso rispetto al regista del Caimano. Più sobrio e autoironico. Il suo nome è stato l’unico che il Museo del cinema ha cercato, ha precisato Barbera alla presentazione, smentendo le illazioni dei giorni precedenti. E proprio perché l’accordo è serio, Amelio ha già siglato un contratto di 2 anni, e pensa già al raddoppio. Felice della nuova sfida, racconta le ragioni di una scelta e il suo rapporto con la città, stretto ai tempi di Così ridevano.
A chi gli chiede da dove lavorerà, risponde: «Mi piacerebbe vivere qui. Per me sarebbe frustrante lavorare da Roma». Il direttore lo vuole fare davvero, anche se sta per girare un film (il Primo Uomo, tratta dall'omonimo libro di Albert Camus). Ma ha calcolato i tempi per essere libero per il Tff. Non parla del programma. Però una cosa la dice: «Negli ultimi anni le rassegne sono diventate troppo invasive, vorrei un festival "normale", non isterico, in cui regni il cinema»
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