sabato 6 dicembre 2008

«Mai più morti». Parlano i delegati alla sicurezza

TORINO - Francesca Caliolo sale sul palco a metà dell’assemblea in via Pedrotti. Non è una sindacalista, ma la moglie di Antonio Mingolla, morto all’Ilva di Taranto il 18 aprile del 2006. La sua voce si spezza per l’emozione. Racconta la tragedia e il calvario che ha passato un anno e mezzo prima della strage della Thyssen. La platea dei delegati Fiom ascolta. Antonio non era un dipendente dello stabilimento, ma vicecapocantiere di una società di manutenzione. Quel giorno lavorava su una conduttura sospesa del gas. Ecco, il veleno. «Perse i sensi e quando due compagni salirono per soccorrerlo svennero anche loro». Sono passati due anni e mezzo e Francesca spiega: «Ho fatto la spola da casa a Palazzo di giustizia, l'inchiesta si è conclusa con il rinvio a giudizio per omicidio colposo di sette tra dirigenti e responsabili dell'area, ma il processo è ben lontano dall'essere celebrato e i reati sono coperti dall'indulto». Aggiunge poi una verità scomoda. «Mio marito non si sentiva tutelato. Nemmeno dal sindacato. Era iscritto alla Fiom ma voleva strappare la tessera». E conclude: «Sono qui per dare la speranza ai miei figli che c’è ancora una giustizia». L’applauso è il più lungo e commosso della giornata.

Maurizio Marcelli, che modera gli interventi, raccoglie il monito: «Interpreta la volontà della Fiom e quella dell’incontro». Il sindacato metalmeccanici ha, infatti, deciso di costituirsi parte civile nel processo sulla morte di Mingolla e ovunque vi siano stati morti sul lavoro. Lo ha annunciato Giorgio Cremaschi, segretario nazionale, che ha aperto ieri a Torino, a un anno dal rogo della Thyssen, l'assemblea straordinaria degli Rls: «Abbiamo deciso di coordinare in tutto il territorio nazionale la costituzione di parte civile in tutti i procedimenti penali, sia in quelli aperti, sia in quelli che devono essere ancora avviati».
Dopo la Thyssen, altri lavoratori sono morti, tanti, troppi: 969 dall’inizio dell’anno. «Ci sono pratiche aziendali gravi – ha affermato Cremaschi – che mettono la vita dei lavoratori in costante pericolo. E queste, se provate, vanno punite come reati gravissimi. L’impunità diffusa è un modo per incentivare il non rispetto delle norme. Per questo condanniamo la pressione di Confindustria nei confronti di un governo compiacente per rimettere in discussione il Testo unico».

Hanno poi preso la parola avvocati e diversi Rls, provenienti da importanti realtà industriali, come la Fincantieri di Monfalcone e la Severstal di Piombino o dai piccoli cantieri della Sirti. Tutti hanno portato la loro testimonianza, raccontando le difficoltà nello svolgere l’attività sindacale e i contrasti sia con la dirigenza sia con i colleghi. Ci sono poi anche realtà che con la lotta hanno ottenuto di lavorare in un posto sicuro come spiega Mauro Merli, Rls Lamborghini.

A tirar le conclusioni è Gianni Rinaldini, segretario nazionale. «Esiste un documento inviato all’attuale governo di centrodestra da tutte le associazioni patronali in cui vengono proposte modifiche al Testo unico. Modifiche che se attuate porterebbero a un totale stravolgimento dello stesso. La nostra lotta invece continua e sosteniamo la proposta di Guariniello, di creare una Procura nazionale dedicata agli infortuni sul lavoro, ideata sul modello dell’Antimafia». Non sfugge poi a Rinaldini che «l’accordo separato sul sistema contrattuale, siglato la scorsa notte da Cisl e Uil con Confapi, mostra fino a dove sia giunta l’azione, in corso su vari piani, che punta a ridurre lo spazio dell’attività di contrattazione e, quindi, a diminuire il potere contrattuale dei sindacati. Potere che rimane lo strumento fondamentale per la difesa della salute e della vita dei lavoratori».

In questi giorni diverse iniziative ricordano a Torino la strage di un anno fa. Dibattiti e concerti come quello straordinario al Regio, lunedì. E una manifestazione, questa mattina, alle 10, che partirà dai cancelli della fabbrica (corso Regina Margherita 400) per concludersi davanti al Palagiustizia. Ad organizzarla la Rete nazionale per la sicurezza e l’associazione Legami d’acciaio, formata dagli ex operai Thyssen, tra cui Ciro Argentino, ieri presente in assemblea.

Nessun commento: