Il sindaco Chiamparino dopo la sentenza della Corte: «Noi non torniamo indietro»
TORINO - Se la Cassazione fa marcia indietro, Torino non farà un dietrofront. «Il progetto di asili aperti ai figli degli immigrati senza permesso di soggiorno va avanti». Lo afferma il sindaco Sergio Chiamparino e lo ribadisce l'assessore all'istruzione Beppe Borgogno. Nonostante il decreto Maroni e nonostante la sentenza della Corte. «Anche se - precisa subito l'assessore - non c'entra nulla con la nostra iniziativa. E non ci faremo trascinare nella polemica».
Il giorno prima della sentenza ci aveva provato Mario Carossa, capogruppo del Carroccio in Comune, tuonando contro la possibilità data ai figli di irregolari di iscriversi alla materna: «Non possiamo più tollerare che siano sempre privilegiati gli altri e che i piemontesi siano sempre al fondo». Borgogno quasi stupito: «La Lega se ne accorge solo ora, capisco che siamo in campagna elettorale, ma è da luglio che denunciamo l'incoerenza di una norma del pacchetto Maroni, che consente ai figli di cittadini irregolari di essere iscritti alla scuola dell'obbligo ma non alla materna. Ci siamo mossi contro una discriminazione». Fa una pausa e dice: «Non posso proprio pensare che per combattere la clandestinità si debba impedire a bimbi dai 3 ai 6 anni di andare a scuola».
Quando lo raggiungiamo al telefono, Borgogno è in macchina, il sole è quasi calato e nel cielo di Torino non c'è più la neve dei giorni scorsi. Il teatrino dei commenti si è scatenato da un pezzo e dall'altro capo della cornetta l'assessore non riesce a trattenere il disappunto: «Si sta facendo solo confusione. La sentenza e il progetto sono due cose distinte, quello che è successo non sposta una virgola». Non la pensa così il coordinatore del Pdl piemontese, Enzo Ghigo: «Il Comune deve tenere in considerazione la sentenza e attivarsi affinché siano tutelati i diritti dei minori ma anche la legalità». Sulla retromarcia della Corte il parere di Borgogno è istituzionale: «Le sentenze non si commentano, si applicano». Ma il tono non cela l'insoddisfazione.
L'intento del progetto torinese l'aveva spiegato qualche ora prima il sindaco Chiamparino: «Abbiamo esteso alle materne quello che è già previsto per tutta la scuola dell'obbligo, ossia che i funzionari scolastici non sono tenuti a denunciare genitori clandestini. E una norma di buon senso, che scatterà con le prossime iscrizioni. Prendiamo il caso di due fratelli, figli di irregolari, uno di 6 e l'altro di 5 anni: mi sembra ridicolo che il primo possa andare tranquillamente alla prima elementare, e l'altro sia trattato come un elemento socialmente pericoloso. E che dire poi di tutti gli irregolari che sono in attesa di permesso di soggiorno?». Ottomila solo a Torino.
Sono otto mesi che il Comune, con tanto di carta e penna, prova a comunicare al governo la volontà di non fare discriminazioni. Di ammettere tutti a scuola. «Abbiamo deciso - afferma Borgogno - di mettere in primo piano il diritto dei più piccoli ad avere una famiglia e un percorso educativo». Un diritto che viene messo a rischio dal pacchetto Maroni: «La denuncia del nucleo familiare è in contrasto con la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, con la Costituzione e con il diritto dei bambini ad avere dei genitori». Niente di improvvisato: «Ci siamo consultati con giuristi. Se il decreto permette l'iscrizione alla scuola dell'obbligo, noi vogliamo estenderla ai cicli scolastici che lo Stato e il Comune sono obbligati a fornire, materna compresa».
Ma alla proposta il governo ha fatto orecchie da mercante, zero risposte: «Noi siamo andati avanti comunque e abbiamo completato le prescrizioni». Sui numeri c'è il più stretto riserbo. «Non sono molti». E sono in calo rispetto agli anni scorsi. Vince, quindi, la paura di essere denunciati come clandestini.
Da il manifesto del 12 marzo
Sullo stesso numero: Cassazione senza pietà di Giorgio Salvetti
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