Processo Thyssen, l'amministratore invoca «problemi di traduzione»
TORINO - Un giorno atteso, in Corte d'Assise, finito in un nulla di fatto. Se ne riparlerà il 4 novembre. Ieri, per la prima volta, è comparso in aula l'amministratore delegato della ThyssenKrupp, Harald Espenhahn, imputato di omicidio volontario. Avrebbe dovuto rispondere alle domande del Pubblico ministero. Così non è stato: insieme al consigliere delegato Gerald Priegnitz, l'altro dirigente tedesco imputato, si è avvalso della facoltà di non rispondere. «Non conosco adeguatamente l'italiano - ha detto Espenhahn - i giudici non mi hanno concesso il ricorso a un interprete e quindi non sono in grado di affrontare un interrogatorio che si preannuncia lungo, articolato e complesso». Era stato così nell'udienza preliminare e nelle prima parte del dibattimento, quando la difesa sollevò eccezioni per la mancata traduzione di parte degli atti in tedesco. Un'intervista al Tg1 dimostrò che l'a. d. era perfettamente in grado di esprimersi in italiano. Anche per questo, la Corte aveva negato il ricorso all'interprete. Ora la strategia della difesa torna a battere sulla vecchia questione. Irritati i parenti delle vittime, poco stupiti gli avvocati di parte civile e i pm. La procura se l'aspettava, perché se gli imputati avessero parlato fluentemente in italiano avrebbero sconfessato i loro stessi legali. La corte ha disposto che i due tedeschi vengano ascoltati con un interprete il 4 novembre, «per agevolarli e tutelare il diritto alla difesa». Se si presenteranno. I giudici hanno comunque confermato la loro decisione sulle richieste di nullità della difesa legate alla traduzione degli atti. I due alti dirigenti sono gli ultimi imputati in esame. Finora, la difesa ha cercato di attenuare le responsabilità dell'a.d. e negare l'omessa considerazione del rischio, su cui si base l'impianto dei pm. Insomma: andava tutto bene.
Da il manifesto del 28 ottobre
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