giovedì 11 febbraio 2010

La Val di Susa non molla. Dopo le manganellate cresce la mobilitazione

Martedì sono ripresi i carotaggi e il movimento è tornato a bloccare i lavori. La polizia ha caricato il corteo, pronto a ripartire

TORINO - Le trivelle sono ricomparse. Di notte, scortate dalle forze dell'ordine, come da tradizione. Così, la situazione in Val Susa è tornata calda. Ieri, in realtà nessuna nuova «carota» è spuntata dietro l'angolo. E per il movimento è una buona notizia. Ma da ore, le mille antenne dei No Tav sono di nuovo all'erta, da Venaus ad Avigliana. Troppo fresco è il ricordo di martedì sera, quando a Susa la polizia ha caricato i manifestanti che, in corteo, si dirigevano verso il sito del nuovo carotaggio (lo scavo S66) nel parcheggio dell'autostrada, a meno di un chilometro dal presidio permanente Mayer-Maniero. Negli scontri, alcuni feriti lievi e un ragazzo in carrozzina, gettato a terra.

«Dopo l'assemblea delle 17 - racconta Lele Rizzo - abbiamo deciso di mobilitarci verso la trivella. In testa al corteo, lo striscione "La valle che resiste" sorretto dalle donne del movimento, dietro in tanti con fiaccole e bandiere. Non eravamo bellicosi, volevamo solo occupare l'autostrada. Ma a sbarrarci il percorso, sulla statale 25, centinaia di agenti in assetto antisommossa e camionette hanno occupato la strada. Abbiamo detto pacificamente che volevamo andare avanti. Sembravano sordi, tra loro non c'era traccia di dirigente. Pochi minuti ed è partita la carica. Una reazione immotivata. Poi, la ricostruzione della questura ha parlato di estremisti, persone col volto coperto, bastoni. Se qualcuno aveva il volto coperto, era solo per il freddo, c'erano due gradi sotto zero».

Ieri, in una Susa militarizzata la trivella ha lavorato tutto il giorno. Pare strano che in una valle di 60 chilometri, si facciano tre sondaggi a poca distanza l'uno dall'altro. Sui 91 previsti lungo la Torino-Lione quello di martedì è il diciannovesimo. Spesso sembrano una «toccata e fuga». «Simbolici, mediatici, come mettere bandierine». Sono rapidi, ma spesso i dipendenti delle ditte lavorano anche di notte. E tra i No Tav c'è un gruppo legale per la sicurezza nei cantieri, è pronto un esposto denuncia sulle irregolarità. Attenzione anche sui costi, 6 milioni di euro quello degli interventi di carotaggio. Il comitato «Spinta dal Bass» si è allora chiesto: «Quanti ne dobbiamo aggiungere per pagare le persone che militarizzano la Valle?. Per ogni sondaggio hanno mobilitato 1600 uomini su 4 turni: 100 euro al giorno può essere la media retributiva. La guardia per 24 ore a una trivella ci costa 160mila euro, i 4 giorni di trivellazioni a Susa in gennaio 640mila euro. La trivella appena arrivata dovrebbe lavorare per 3 settimane e mezzo e ci costerà, solo per la sua difesa, 3 milioni e 800 mila euro».

Il tam tam in Val Susa non si arresta. I blog vengono aggiornati in tempo reale, le pagine su facebook crescono di contatti e sono continue le dirette di Blackout, storica radio torinese che il Comune vorrebbe sfrattare dai locali in concessione. Alle 19, mentre si volantina alla stazione Porta Nuova di Torino, si ascoltano le decisioni prese dall'assemblea di Susa: una marcia verso l'autostrada e questa sera un incontro al presidio con «pentole e coperchi».

Si moltiplicano le voci sui prossimi sondaggi. Forse in bassa valle, tra Vaie e Villarbasse. Da subito, si era parlato di Venaus, il luogo più evocativo. «In realtà - spiega il sindaco Nilo Durbiano (Pd) - domani (oggi, ndr) ci sarebbe un intervento che nulla c'entra con la Tav, un pozzo di 30 metri per consentire all'Arpa di fare analisi sull'inquinamento falda in un'area da riqualificare, ma vista l'alta tensione abbiamo chiesto una proroga di 60 giorni». I dubbi dei No-Tav erano sorti perché l'intervento si sarebbe dovuto svolgere dove nel primo progetto sarebbe sbucato il contestato tunnel e dove comunque è preventivato un sondaggio geognostico della Ltf (Lyon Turin Ferroviaire).

Da il manifesto dell'11 febbraio

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