La Fiat si nega al confronto con le parti sociali. E con il pretesto della ristrutturazione della filiale Iac fa fuori i delegati Mwb
TORINO - Se c'è qualcuno che - quando la Fiat in Belgio decide di licenziare - sta sempre in cima alla lista, questo è Emanuele Agostini. Di mestiere fa l'operaio, lavora nella filiale Iac (Italian Automotive Center) di Bruxelles. I suoi colleghi lo hanno eletto delegato sindacale. Lui milita nella Mwb, l'organizzazione che raduna il maggior numero di metalmeccanici, e, come rappresentante, è molto attivo. Cosa che, a quanto pare, all'azienda non piace. Infatti, è uno dei 24 lavoratori considerati in esubero sul totale di 90 dipendenti. Ebbene sì, la ristrutturazione, qui, la Fiat la fa alla vecchia maniera, colpendo chi disturba il manovratore. Tra i 24 (14 operai e 10 impiegati), non c'è nessun volto anonimo, anzi tutti scomodi: 12 sono militanti sindacali e 6 fra di loro delegati.
La ristrutturazione è stata decisa senza un piano di rilancio, senza parlarne con i sindacati, ma comunicando attraverso uno studio legale. Bella mossa. Gli operai non ci stanno e il 9 aprile occupano gli uffici dell'azienda per chiedere finalmente ai manager una trattativa chiara. I media parlano frettolosamente di «sequestro», cosa che infastidisce il sindacato: «Gli operai cercavano solo un contatto con i vertici, negato da mesi». La Iac si impunta e qualche settimana dopo ne licenzia in tronco cinque. «Chiara rappresaglia», dicono. Tra questi anche Emanuele, presto però reintegrato dal Tribunale. In totale, calcolando le sovrapposizioni tra i 24 e i 5 (alcuni stanno nelle due liste), sale a 26 il numero di lavoratori da lasciare a casa.
La sua storia, Agostini, l'ha raccontata ieri nella sede della Fiom di Torino. Ad accompagnarlo, il presidente del sindacato Manuel Castro, giunto in Italia per chiedere appoggio alla Fiom e lanciare un appello alla multinazionale torinese: «La Fiat non può affidare ad avvocati la trattativa per la riduzione del personale. Chiediamo un tavolo di confronto per discutere sia di rilancio industriale, sia di gestione degli esuberi». E' la quarta volta che la Iac propone una ristrutturazione senza aver prima presentato ai sindacati un piano sul proprio futuro. Ma questa volta, la trattativa l'ha fatta condurre a uno studio legale (Carlier), noto in Belgio per la sua aggressività antisindacale. «Io sono un lavoratore, non mi occupo di faccende giuridiche», sottolinea Agostini. Anche il ministero del Lavoro belga ha sollecitato la Fiat a sedersi a un tavolo. Risultato: nessuna risposta. «Così facendo - aggiunge Castro - la Fiat ha azzerato il proprio ruolo di parte sociale e si è messa nelle mani di un gruppo di avvocati che vogliono farsi pubblicità. E' un errore perché, in questo modo, macchia la sua immagine e non lo fa in qualche landa dimenticata, ma nella capitale dell'Unione europea». Secondo Castro, con le laute prebende agli avvocati si sono spese risorse sicuramente superiori a quelle necessarie per elaborare «un accordo condiviso sulle sorti della Iac».
Presente all'incontro, anche Enzo Masini, coordinatore nazionale auto della Fiom Cgil: «La Fiat non accetta di trattare e vuole procedere con un'imposizione unilaterale della propria volontà. Questo atteggiamento ci preoccupa perché, in primo luogo, arreca in Belgio un danno ingiusto a 26 famiglie di lavoratori. E, in più, allarma il comportamento di un'azienda che si propone come attore internazionale e pensa di affrontare il problema degli esuberi senza ascoltare le istanze del sindacato e senza il rispetto delle relazioni tra parti sociali». Un brutto precedente e un pessimo biglietto da visita davanti a una platea non solo europea. «Ecco perché - conclude Masini - chiediamo alla Fiat di tornare sui suoi passi».
Da il manifesto del 4 giugno
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