TORINO - A un certo punto Franco Berardo, 45 anni, 20 passati alla Ilmas, ha detto basta. Non ce la faceva più a vedere colleghi disperati cui pignoravano la casa. Proprio lui, che - dopo 4 mesi senza stipendio - era tornato a vivere con i suoi. Allora, ha chiamato l'amico e compagno di lavoro, Agostino Cuocolo, e gli ha detto: «Non si può andare avanti così, dobbiamo farci sentire. Saliamo sul tetto». Una tenda e coperte per ripararsi dal freddo. E' da giovedì che sono lì. Scenderanno solo in caso di buone notizie. Aspettano l'incontro di martedì tra le parti al ministero del Lavoro.
Quella della Ilmas non è una storia di ordinaria crisi economica. Le commesse non mancano, come in tutto il settore aereonautico. Il problema è la liquidità, i soldi. Alla base, un mix di responsabilità private e pubbliche: gestione discutibile e una cattiva politica. Adesso, senza stipendio, né premio di produzione, né soldi della cassa straordinaria, senza prospettive, gli operai chiedono un sostegno al reddito e la salvaguardia dei posti: 360 tra la sede centrale di Rivoli, Acerra e la controllata Osu di Orbassano. «Vogliamo inoltre - spiega Marinella Baltera, Fiom Torino - che si velocizzi la pratica per ottenere l'amministrazione straordinaria, chiesta il 31 luglio. E chiediamo che Invitalia (ex Sviluppo Italia, l'agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, ndr) sblocchi i fondi congelati da tempo per l'insediamento di Casalnuovo, in provincia di Napoli».
Qui la storia si fa difficile e complicata. Anche oscura. Le radici della crisi risalgono al 2005, quando la Ilmas vince un bando per la riqualificazione di un'area dismessa a Casalnuovo, ricollocando 85 lavoratori Exide in mobilità. In questa zona di camorra voleva costruire un addestratore acrobatico. Un'operazione da 27,5 milioni di euro, con fondi in parte privati, in parte di Sviluppo Italia e della Regione Campania. Quest'ultima, che doveva occuparsi della formazione, ha stanziato meno di 400.000 euro sui quasi 1,9 milioni previsti. Il progetto non decolla, anche per l'ostruzionismo dell'amministrazione comunale di centrodestra, sciolta due anni fa per infiltrazione mafiosa. Il sindacato lancia l'allarme: quelle aree sono al centro degli interessi della criminalità organizzata. Non si sbloccano i fondi Invitalia; per vizi di forma nella domanda, dicono dal governo: «Quattro anni di vizi sono un po' sospetti» commenta Baltera. L'Ilmas, che si sobbarca i costi per assunzioni e formazione, non riesce a gestire la situazione; troppo azzardata, e sprofonda in una crisi di liquidità.
«L'operazione a Casalnuovo ci aveva preoccupato: investivano al sud e non facevano nulla per ammodernare Rivoli. Più tardi ci saltò la tredicesima». Lo racconta Luciano Carta, fresatore iscritto alla Cub, che da giorni tiene vivo il presidio a Rivoli. Parla con Berardo, molto critico con le ultime operazioni della società: «Come fa a precipitare un'azienda aeronautica mentre i nostri concorrenti lavorano?». Gli operai sperano in un rapido commissariamento e si augurano che i compratori «non siano pescecani a cui fanno solo gola le commesse». Voci ufficiose dicono che Alenia e Augusta siano interessate. Pino Galgano, rsu Fiom, martedì andrà a Roma: «Ci spaventa l'inverno, quando dovremmo pagare il riscaldamento». E conclude: «Dobbiamo vigilare perché della nostra azienda non si faccia uno spezzatino».
Da il manifesto del 20 settembre
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