Il padre delle “vele bianche” della Sidney Opera House è morto, a Copenaghen, all’età di novant’anni. Architetto visionario, considerato il massimo rappresentante dell’architettura organica della seconda metà del XX secolo, è stato allievo di Alvar Aalto. Nel 2003 ha ricevuto il premio Pritzker.
Conchiglie, onde o crostacei? No, lui diceva di essersi ispirato alla forma delle nuvole nel disegnare le “vele bianche” della futura Sidney Opera House. Più di cinquant’anni fa, nel 1957, quando vinse il concorso in Australia per quello che nel 2007 è stato dichiarato patrimonio dell’Unesco. Jorn Utzon è morto nella città dov’era nato, Copenaghen, e da cui se n’era andato durante la guerra. Qui con suo papà incominciò a disegnare barche. Nel 1942, appena laureato, decise di trasferirsi nella neutrale Svezia. Poi va in Finlandia, dove lavorerà nello studio di Alvar Aalto che, con Gunnar Asplund e Frank Lloyd Wright, fu uno dei suoi maestri. Nel 1950, tornato in Danimarca, apre uno studio. Ma continua a viaggiare tra Asia, America e Oceania. E così, pressoché sconosciuto in campo internazionale, vince il concorso che gli regala fama mondiale: l’Opera. Un progetto visionario, fuori da ogni comune canone estetico, che suscita entusiasmo ma anche grandi perplessità. Proprio per quella copertura inconsueta, formata da tanti gusci, che per alcuni non sarebbe stata in piedi. Ma presto, Utzon scopre il fulcro della sua creatura: una sfera dal raggio di 75 metri dai quali derivano tutti i singoli gusci della copertura. E le vele prendono il volo: parte la costruzione. Finché nel 1966, per contrasti con i committenti australiani, abbandona il progetto, completato nel 1973 da Peter Halln, David Littlemore e Lionel Todd. Smacco ma non sconfitta, il genio resta suo. E ora tocca ai suoi figli il restauro.
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