Grande è l’eccitazione sotto il cielo, ma la situazione è tutto fuorché eccellente. Lo spettacolare, lo sconvolgente, il sensazionale
sono diventati normalità. Una studentessa ustionata sulla copertina di
un quotidiano, nome e indirizzo del presunto mostro di Brindisi
pubblicati su Twitter, le settanta foto del ritrovamento del cadavere di
Sarah Scazzi scaricabili da un sito. Tutto a portata di un clic, perché
se negli anni Sessanta, a mo’ di freddura, si diceva che la Bild
(il vendutissimo tabloid tedesco) «è stato il primo a parlare con il
cadavere», negli ultimi anni il sensazionalismo è diventato paradigma
del sistema dei media (e non solo).
Inquieto, nevrotico, affamato di stimoli anche momentanei, assuefatto da un profluvio di choc emotivi
(che non hanno tempo di sedimentarsi nella coscienza), sovraeccitato ma
non appagato: ecco l’homo sapiens del XXI secolo, preda di un
sovraccarico di sensazioni audiovisive. A tutti i costi. Perché, a tutti
i costi, bisogna esserci, anzi essere percepiti. E sgomitare per non
rischiare la dannazione all’oblio eterno. Lo spiega bene Christoph Türcke, professore di filosofia all’Accademia di arti visive di Lipsia, nel suo La società eccitata; Filosofia della sensazione (Bollati Boringhieri, 2012, pagine 342),
un’imponente e complessa analisi della contemporanea società della
sensazione: «Una società che non è nuova per niente, bensì in
costruzione da secoli». Türcke elabora una (post)moderna declinazione,
un’estrema propaggine, della Società dello spettacolo di Guy Debord, lo
fa in modo serio, attualizzando le intuizioni del teorico del
situazionismo e ancorandole a un terreno storico. Ha costruito così
un’archeologia del concetto di sensazione, dal Rinascimento
all’Illuminismo a oggi. Lungo secoli in cui il significato fisiologico
di sensazione ha subito uno slittamento semantico: «Dalla percezione più
comune alla percezione dell’inconsueto per disegnare, da ultimo,
l’inconsueto stesso». Il sensazionale, che dovrebbe essere raro oltre che sconvolgente, da caso limite diventa norma.
[CONTINUA]
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