VIADANA - Morire sotto il sole cocente, morire senza che nessuno ti soccorra, morire come un impiccio per il capo che non vuol far sapere che tu per lui lavori in nero. Così Vijay Kumar, indiano di 44 anni, se n'è andato il 27 giugno scorso, ucciso dalla fatica dei campi, dal caldo e dall'indifferenza. È successo nelle campagne di Viadana, cittadina ricca della pianura mantovana, a due passi dal Po. Solo ieri mattina sembrava una morte - tragica - ma senza troppi misteri, fino a quando non è venuta alla luce una brutta e inquietante storia di sfruttamento e caporalato. Ed è scattata una denuncia per omicidio colposo nei confronti del produttore ortofrutticolo Mario Costa.
Vijay era in Italia da sette o otto mesi, clandestino anche per gli effetti distorti della Bossi-Fini. Due settimane fa, venerdì, mentre lavorava nella frazione Salina in un campo di meloni - che insieme alle angurie sono il frutto più tipico di questa redditizia campagna padana -, è stato colto da malore. In mezzo a un appezzamento di terreno, sotto un sole che brucia e con la fatica che ti toglie il fiato. A un certo punto, dall'alto, scatta un ordine, rivolto ai colleghi, braccianti come lui: spostate Vijay, portatelo in un altro luogo, insomma toglietelo di mezzo. Il comando arriva dal padrone dell'azienda. Tra i lavoratori si scatena il panico. La strada è lontana, dove portarlo? Servirebbe un'auto, chiamano con i telefonini, ma il tempo passa e Vijay sta sempre peggio. Rintracciano un connazionale a Suzzara, che dista almeno una ventina di chilometri da Viadana. Quando la macchina arriva in via Bordenotte, vicino al campo, sono ormai passate due ore: un'agonia terribile per il cuore di Vijay, che non ce la fa più a reggere. Lo portano in una zona alberata - il lavoro sporco è finito - e lì lo lasciano. Qui, vicino a un fosso, è stato ritrovato, senza speranze e ormai morto.
Questa storia è venuta alla luce solo ieri, per dieci giorni si è raccontato che Vijay fosse morto per il caldo, mentre si aggirava solitario in campagna. Intanto, gli inquirenti svolgevano i primi accertamenti. Gli sviluppi sono stati clamorosi. Mercoledì è scattato il blitz di carabinieri nell'azienda di Mario Costa. Il proprietario è stato denunciato per omicidio colposo, ma nei guai è finito anche il presidente della cooperativa Facchini Vitelliani di Viadana per aver fornito all'azienda manodopera in modo irregolare. Nell'operazione sono stati identificati quattro lavoratori extracomunitari occupati in nero, tre dei quali senza permesso di soggiorno. Ma il documento è stato richiesto d'ufficio per motivi di protezione sociale; sono ritenuti, infatti, testimoni della morte di Kumar. Oltre che di omicidio colposo, Costa dovrà rispondere di impiego di manodopera clandestina e dovrà pagare una multa di 90 mila euro per utilizzo di lavoratori in nero. E la procura di Mantova potrebbe contestargli anche l'omissione di soccorso.
A Viadana la tragedia di Vijay Kumar è stata molto sentita. Ventimila anime, delle quali oltre due mila stranieri. Un polo chimico avanzato, un'industria agricola moderna e un tessuto imprenditoriale vivace (1300 aziende). Vanta poi il tasso più basso di disoccupazione di tutta la Lombardia, l'1,6%. «Un'isola felice - la descrive il sindaco Giovanni Pavesi (Pd) - anche per l'integrazione, i matrimoni misti sono all'ordine del giorno e tra poco verrà istituita la Consulta per migranti». Le storie di marginalità e sfruttamento parevano lontante: uno dei sentimenti più ricorrenti è, infatti, lo stupore. Il lavoro nero sembrava un fenomeno più che marginale, «al massimo stagionale», d'estate nei campi di meloni. «In un contesto di piena occupazione - sottolinea Pavesi - c'è bisogno di manodopera e si fatica a recuperarla. E poi ci sono i problemi burocratici, ci vuole troppo tempo per avere un permesso di soggiorno, ma sul rispetto della legalità da parte delle aziende non si possono fare sconti». A dirla tutta, la cooperativa coinvolta non aveva una grande reputazione: «Aveva già ricevuto delle multe - spiega Cristiano Ferrarese, segretario della locale Camera del lavoro - ma poi non se n'era fatto niente. Ora, come sindacati lanceremo delle iniziative, che vadano oltre la solita commozione e cerchino di fare qualcosa di concreto».
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