L’ad Fiat è attivissimo nelle relazioni industriali italiane. Ma i dati di produzione e di vendita delle auto sono negativi e i piani per Mirafiori sono cambiati più volte. Così, di rinvio in rinvio, l’indotto piemontese (sedili alla Lear di Grugliasco, scocche alla Teksid di Carmagnola, gomma per interno motori, ammortizzatori e molto altro) soffoca. Tutto l’automotive arranca (chiude anche Pininfarina) e ormai pochissimi, secondo uno studio Ires, credono che l’accordo Fiat-Chrysler possa avere qualche ritorno positivo sul mondo della componentistica.
«Il lancio commerciale dei nuovi modelli Alfa Romeo e Jeep è previsto per il terzo/quarto trimestre del 2012». Era il 23 dicembre del 2010, il giorno dell’ accordo (senza la Fiom) per Mirafiori, e la Fiat comunicava i nuovi piani per lo stabilimento torinese. Nel mese successivo si sarebbe capito che si trattava di due suv a marchio Jeep e Alfa. Ottobre 2011, contrordine, il Lingotto annuncia in un comunicato, intestato col doppio stemma Chrysler e Fiat: «La produzione del primo modello, un suv a marchio Jeep, è prevista per la seconda metà del 2013». Quasi un anno di ritardo. Confermata la Mito e il suo restyling, volato invece in Serbia il monovolume L0, Mirafiori ha perso due dei cinque modelli prodotti fino al 2010 (Punto e Multipla), ne ha mantenuti altri due, Musa e Idea, quasi al capolinea, e si prepara a un lungo periodo di cassa integrazione. Ma a far le spese dello stallo del gigante Mirafiori e delle incertezze su Fabbrica Italia non sono solo i lavoratori delle Carrozzerie (e i più silenziosi degli Enti centrali, che – alla luce della nuova joint-venture – si domandano quali prospettive avrà la progettazione in Italia), sono una fitta schiera di aziende dell’indotto che in questi giorni comunicano esuberi o ricorrono alla cassa. [Continua]
Da Linkiesta del 30 ottobre
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