sabato 16 aprile 2011

Rogo Thyssen: fu omicidio volontario

Il processo per i sette morti di Torino finisce con sei condanne. Esultano i parenti delle vittime. L'azienda: incomprensibile

TORINO - Un applauso fragoroso ha sciolto la tensione accumulata in una lunga giornata. “Giustizia è stata fatta” hanno esclamato i familiari delle sette vittime del rogo alla ThyssenKrupp. Harald Espenhahn, l'amministratore delegato, è stato condannato dalla Corte d'Assise di Torino a 16 anni e 6 mesi per omicidio volontario con dolo eventuale.

Una sentenza senza precedenti, si tratta di una prima volta nella giurisprudenza italiana, mai era stato considerato il dolo in un processo per morti sul lavoro. Gli altri cinque dirigenti imputati sono stati condannati per omicidio colposo. La pena è di 13 anni e mezzo per Marco Pucci, Gerald Priegnitz, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri; a dieci anni e dieci mesi di reclusione è stato condannato Daniele Moroni. Confermate, quindi, dalla Corte presieduta dalla presidente Maria Iannibelli tutte le richieste di condanna del procuratore Raffaele Guariniello: “Siamo a una svolta, anche se una condanna non è mai una vittoria. L'elemento principale è il riconoscimento del dolo eventuale. Si tratta del salto di qualità più grande del sistema giuridico di sempre. Deve far sperare i lavoratori. Ora dopo questa sentenza finalmente gli imprenditori sono messi di fronte alle loro responsabilità”. Poi il pm ha aggiunto: “E' un regalo al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che ci ha sempre chiesto di tutelare i lavoratori”.

Abbracci e lacrime nella maxi aula del Palagiustizia di Torino. Strapiena. C'erano i parenti di tante vittime sul lavoro. Le mamme della tragedia di Viareggio hanno stretto con commozione quelle della Thyssen. Anche se uno delle sorelle di Rosario Rodinò ha ribadito: “Mio fratello non me lo ridarà nessuno”. La madre ha aggiunto: “Abbiamo fatto tutto il possibile e dobbiamo ringraziare Guariniello”.

Nella notte del 6 dicembre del 2007 morirono in un rogo sulla linea 5 Giuseppe De Masi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo, Bruno Santino e Antonio Schiavone. Il maggiore responsabile è, per la sentenza di primo grado, il manager tedesco Espenhahn che ha accettato e corso il rischio di un incidente mortale per i suoi dipendenti, scegliendo una "logica del risparmio economico" rispetto alla tutela della sicurezza in uno stabilimento vicino alla chiusura. I finanziamenti previsti a Torino furono trasferiti a Terni, il cda decise di non investire sui sistemi antincendio. Nelle testimonainze del dibattimento è uscito un quadro sconfortante degli ultimi mesi alla Thyssen: una fabbrica sporca e poco sicura, dove gli operai più specializzati se n'erano andati e il compito della manutenzione era stato affidato a lavoratori non formati.

È stata una sfida coraggiosa quella di Guariniello. In pochi ci credevano. La Procura di Torino, con una mossa senza precedenti, ha deciso di procedere per omicidio volontario e non, come si è sempre fatto in casi di morti bianche, per omicidio colposo. I giudici della Corte d'Assise di Torino (due togati, sei popolari) hanno quindi dovuto sciogliere un nodo particolarmente intricato: capire, leggendo le carte processuali ma soprattutto esplorando la psicologia dei protagonisti, se un imprenditore, un capitano di industria o un amministratore delegato possono trasformarsi in veri e propri killer. La risposta è stata “sì”. La difesa ricorrerà in appello.

Da Il Secolo XIX, 16 aprile
Sullo stesso numero Familiari in lacrime: "Giustizia è fatta". L'abbraccio delle mamme di Viareggio

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