TORINO - E fu così che il grande partito si trasformò in un ring. Prima dell'esito elettorale, le tensioni erano latenti. Nascoste da una quotidiana diplomazia. C'è voluta la sconfitta, la vittoria del Carroccio a sprigionarle. Chiamparino contro il partito («subalterno ai poteri forti» a proposito di Intesa-Sanpaolo), la Bresso pure («troppi cacicchi che badano alla loro sopravvivenza»). I dirigenti che scaricano la zarina, senza però ammetterlo. E lei che porta avanti il ricorso al Tar contro l'esito del voto quasi in solitudine e poi costituisce in Regione un gruppo autonomo «Uniti per Bresso».
Sotto la Mole, la situazione è tesa. Giovedì, quando è venuto Romano Prodi per una lezione di economia internazionale, del partito non si è visto nessuno. Che le cose non vadano bene lo ammette sconsolato Cesare Damiano, ex ministro del lavoro, che del Pd aveva provato a diventare segretario regionale: «Gli uni contro gli altri armati non si va da nessuna parte, bisogna rompere gli steccati congressuali, trovare una sintesi». Ieri l'ex governatrice, insieme a un pool di legali guidati da Enrico Piovano, ha spiegato le ragioni del ricorso contro presunte irregolarità nella presentazione di tre liste del centrodestra. «L'illegalità è stata la regola, non l'eccezione di questa campagna elettorale. Dai miei avversari del centrodestra è stata messa in campo una serie di liste taroccate che imitavano liste del centrosinistra esistenti da anni».
Nel mirino della Bresso (ma anche dei Verdi, presente Angelo Bonelli, e dell'Udc) sono tre liste minori, che insieme hanno ottenuto quasi 50 mila voti, molti più dei 9 mila che hanno segnato la vittoria di Cota: Verdi Verdi, Consumatori e Al centro con Scanderebech. Secondo gli avvocati «il consigliere Scanderebech in qualità di presidente del gruppo consiliare Udc rilasciò la dichiarazione di collegamento in favore della lista da lui rappresentata, esentandola dal raccogliere le sottoscrizioni di cittadini sostenitori, ma lo fece quando era già stato espulso dall'Udc (il 16 febbraio 2010). E dunque la lista non avrebbe dovuto essere ammessa».
Il Tar potrebbe pronunciarsi prima dell'estate, dopo ci sarà l'inevitabile appello in Consiglio di Stato. Se la Bresso vincesse potrebbe ottenere l'annullamento e il voto in primavera, oppure potrebbe scattare la surroga: gli 11 esclusi del listino di Bresso subentrerebbero a quelli di Cota e la zarina tornerebbe al governo. Nervosa la reazione del centrodestra al ricorso: «Siamo al caso umano - ha commentato Cota - un epilogo indecoroso». Lei ha subito replicato: «Come sempre siamo all'insulto personale. E non spetta a Cota stabilire la fondatezza dei ricorsi».
E se pochi giorni fa, Roberto Placido, Pd (confermato vicepresidente del consiglio regionale, uno dei consiglieri eletti con più voti), si era rivolto alla Bresso citando i Rokes «bisogna saper perdere», l'ex presidente ha risposto «che il diritto a tutelarsi viene esercitato da tutti». Per Damiano è improbabile ritornare al voto: «I conti sono stati fatti. Abbiamo sostenuto la Bresso con forza e senza rimpianti». In casa Pd il clima resta pesante.
Da il manifesto dell'8 maggio
Nessun commento:
Posta un commento