Crociata leghista. Dopo Cota anche il neogovernatore Zaia va all'attacco
TORINO - E così a Roberto Cota è venuto a dar manforte il collega Luca Zaia. Da ieri, il Piemonte e il Veneto non sembrano più così lontani. A unirli ci sono la Lega Nord (il partito dei neo-governatori) e la crociata antiabortista contro la Ru486. Oltre a un federalismo improvvisato che non bada a leggi e costituzioni. Uno (Cota) vuol far marcire le confezioni della pillola nei magazzini, l'altro (Zaia) «non darà mai l'autorizzazione a poterla acquistare e utilizzare nei nostri ospedali». Incuranti, però, che sull'autorizzazione e l'uso di un farmaco la competenza non sia dei presidenti regionali. E nemmeno quella sulla libertà terapeutica.
In piena polemica, interviene Antonio Baldassarre, presidente emerito della Consulta, a far chiarezza: «Lasciare le confezioni di Ru486 sigillate nei magazzini? La vedo difficile, anche se quella del presidente del Piemonte mi sembra una battuta. Se un farmaco è autorizzato a livello nazionale (dall'Aifa, ndr) un presidente non può impedirne l'acquisto; ma solo intervenire su ospedali e farmacie comunali. Certo bisognerà vedere con che tipo di atto; solo allora si potrà fare una valutazione dal punto di vista giuridico». Una tirata d'orecchi al neogovernatore la rifila pure Fabio Gava, parlamentare veneto del Pdl: «Non è il modo ma soprattutto una competenza della Regione: per quanto concerne l'uso della pillola è stata varata una apposita legge che è stata profondamente discussa: trovo ingiusto che un presidente di Regione, a partire dal Veneto, ne impedisca la vendita».
Nell'occhio del ciclone è finita Torino. Anzi, un ospedale. Il Sant'Anna. Qui, un medico, Silvio Viale ha iniziato nel 2005 la sperimentazione della pillola abortiva. È abituato alla polemica, se l'è vista con diversi ministri (Storace, Sirchia, Sacconi), e anche questa volta è battagliero: «Non possono fare nulla se non spaventare i medici e le donne. Ma non ce la faranno, finalmente scatterà la dignità professionale». Il Sant'Anna ha chiesto 50 confezioni di pillole Ru486, che potrebbero essere consegnate già oggi o, al più tardi, dopo Pasqua (da ieri possono essere essere distribuite in Italia e richiesta dalle farmacie ospedaliere). Viale, anche esponente radicale, è sul piede di guerra: «Se proveranno a bloccarla, a ritardarne l'erogazione, ho già in mente le contromisure, ma non ve le svelo». Un grimaldello politico gli gira in testa: «Se Cota avesse detto quelle cose due giorni prima avrebbe perso le elezioni. Ma c'è anche stata la complicità di Mercedes Bresso nel mantenere la Ru486 fuori dalla campagna elettorale. Capisco adesso perché non mi voleva candidato».
Ma nei due nuovi feudi padani, separati solo da una Lombardia che della sanità fa un affare privatissimo, i neo-presidenti vanno dritto per la crociata. Zaia ha spiegato: «Studieremo il modo per contrastare uno strumento farmacologico che banalizza una procedura così delicata come l'aborto, lascia sole le donne e deresponsabilizza i più giovani». Cota, oltre a volere le associazioni pro vita negli ospedali, «chiede ai direttori generali di bloccare l'uso della Ru486 fino al suo insediamento». Dagli insoliti banchi di opposizione la Bresso è in fibrillazione: «Noi chiederemo ai direttori delle Asl di non rispettare l'invito di Cota». Accanto a lei siede Eleonora Artesio, assessore uscente alla Sanità (e neo consigliere per la Federazione della Sinistra), che il febbraio scorso diede al Piemonte il primato di essersi pronunciato sull'eterno scontro tra assunzione della pillola in ricovero o day hospital, dando la libertà della scelta alla donna. Artesio e Monica Cerutti, eletta con Sinistra Ecologia e Libertà, hanno sottolineato: «Cota ignora il contenuto della legge 194 e il ruolo dei consultori. La sua uscita lascia intendere una presunzione istituzionale, secondo la quale il Piemonte a guida leghista potrebbe permettersi l'intimidazione ai medici e l'offesa alla determinazione delle persone».
Ma il governatore leghista sa di non essere solo. Dalla sua incassa il plauso del Vaticano, con monsignor Domenico Fisichella, presidente della pontificia Accademia per la vita, che solo qualche giorno fa aveva detto: «Quanto ai problemi etici, mi pare che la Lega manifesti una piena condivisione con il pensiero della Chiesa».
Da il manifesto del 2 aprile
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