CARPI - Germano Nicolini strizza gli occhi commosso, quando Cisco intona Al diével, la canzone che ne racconta la vita. Solo pochi minuti prima, il mitico comandante partigiano Diavolo aveva scaldato di lucida ironia la piazza di Carpi, con frecciate a quei politici (Berlusconi e La Russa in testa) che vorrebbero affossare il 25 aprile e farne una festa della conciliazione. Germano, “un diével solo per i tedeschi”, c’era anche nel 1995, nella prima, e fino a ieri unica, edizione di Materiali Resistenti (15 anni anni fa declinato al singolare), una giornata di musica e memoria.
All’epoca c’era pure Massimo Zamboni - anima storica dei Csi (c’era pure Giovanni Lindo Ferretti, ieri assente, giustificato da approdi politici ormai lontani) - che ne fu direttore artistico . Zamboni è tornato. Smilzo, occhialini e sguardo timido arriva in piazza a metà pomeriggio e tira un sospiro di sollievo: «Ci vorrebbe un 25 aprile ogni mese, perché il resto dell’anno mi sento solo». Poi sale sul palco, prende la sua chitarra ruvida, e con gli Offlaga Disco Pax suona Allarme, un pezzo dei suoi Cccp, di cui il gruppo di Max Collini da Reggio Emilia ha raccolto in parte il testimone. Fusioni insolite, tra musicisti di vari gruppi, che sono continuate per tutto il concertone. Come quando Mara Redighieri, ex Ustmamò, ha ricantato quindici anni dopo Siamo i Ribelli della montagna, questa volta in una versione più rock con Fabrizio Tavernelli (già con gli Afa), uno degli animatori dell’evento. Una piazza bella e resistente.
Piazza dei Martiri si è riempita lentamente di colori, bandiere ed entusiasmi. Tanti giovani: ragazzini ma anche trentenni che ricordano bene l’edizione del 1995. E, tra il pubblico, pure qualcuno che il 25 aprile di 65 anni fa l’ha vissuto davvero. Perché tutto parte da lì. Senza Retorica. «Non bisogna avere paura di partire dal passato per arrivare al futuro. Per questo ho ripreso i canti anarchici dell’Ottocento» racconta con voce lieve Mara Redeghieri, che ha portato a Carpi il suo nuovo progetto Dio Valzer. Sul palco con lei Lorenzo Valdesalici, 15 anni fa era appena nato.
I Giardini di Mirò, emiliani di frontiera, hanno spezzato i tempi del concerto. La loro musica è un sali-scendi dilatato, che crea un’atmosfera ipnotica. Sono stati i primi ad aver sdoganato in Italia i suoni del post-rock. E non si è potuto star fermi di fronte al piglio punk dei Tre allegri ragazzi morti, capitanati dal fumettista Davide Toffolo. Quando sono saliti gli Offlaga l’applauso è stato fragoroso. Tra il pubblico difficile trovare chi non conoscesse un verso di Robespierre, Sensibile (con dedica provocatoria a Giusva Fioravanti) e Toponomastica. Alternati alla musica, gli interventi degli scrittori Paolo Nori e Carlo Lucarelli. E, infine, il Teatro degli Orrori, romanticamente drammatico, forte di un disco A sangue freddo, uno dei migliori album dello scorso anno.
Tutto era stato, però, aperto da Cisco, ex Modena City Ramblers, con le mondine di Novi, già protagoniste del film documentario Di madre in figlio. Un’esplosione di energia, che con Bella Ciao, cantata a cappella, ha dato il via alla festa. Portano tutte il fazzoletto dell’Anpi: «Siamo sempre partigiane» spiega Giulia Contri, figlia di mondina, che dirige il coro ed è pronta a partire per il tour Terra da coltivare. Quindici anni dopo, nonostante tutto e nonostante Berlusconi, a Carpi si è visto uno spirito ancora resistente. Che sia, non solo musicalmente, di buon auspicio.
Da l'Unità del 26 aprile
lunedì 26 aprile 2010
sabato 24 aprile 2010
Viaggio nell'Emilia leghista al femminile Ilaria: «Io? Razzista no, xenofoba sì...»
Casa mia di Mauro Ravarino e Paolo Stefanini. Il viaggio nella penetrazione leghista in Emilia prosegue con Baiso, in provincia di Reggio Emilia. Qui Ilaria Montecroci, 22 anni, è consigliere comunale del Carroccio. Dice di voler difendere il suo territorio ma per farlo «il razzismo non è l'ideologia giusta su cui lavorare. Più che razzista posso definirmi xenofoba» - ammette - «perché ho paura di certe culture diverse che non possono convivere con la nostra». Una donna djavascript:void(0)eterminata e decisa: da grande non vuole fare la velina, come altre donne del Pdl, bensì «entrare in Parlamento».
Le altre videoinchieste sulla Lega in Emilia realizzate per l'Unità
venerdì 23 aprile 2010
DiscoLega, viaggio tra i giovani del Carroccio
DiscoLega di Mauro Ravarino e Paolo Stefanini: prosegue tra i divanetti di una discoteca di Imola il viaggio de l’Unità nell’Emilia sempre più verde. Durante una festa dell’Mgp (Movimento giovani padani) alcuni militanti rispondono a un’intervista in stile The Club, il programma di videomessaggi per ragazzi che cercano l’anima gemella. Ma le domande non sono “Cosa fai per conquistare una ragazza” ma : “Cosa diresti a un immigrato irregolare?” Cosa diresti a un gay che si vuole sposare?” “Cosa diresti a una ragazza che vuole abortire?" "Mameli o Va, pensiero?"
Le altre videoinchieste sulla Lega in Emilia realizzate per l'Unità
venerdì 2 aprile 2010
«Mai in ospedali veneti». La legge del carroccio
Crociata leghista. Dopo Cota anche il neogovernatore Zaia va all'attacco
TORINO - E così a Roberto Cota è venuto a dar manforte il collega Luca Zaia. Da ieri, il Piemonte e il Veneto non sembrano più così lontani. A unirli ci sono la Lega Nord (il partito dei neo-governatori) e la crociata antiabortista contro la Ru486. Oltre a un federalismo improvvisato che non bada a leggi e costituzioni. Uno (Cota) vuol far marcire le confezioni della pillola nei magazzini, l'altro (Zaia) «non darà mai l'autorizzazione a poterla acquistare e utilizzare nei nostri ospedali». Incuranti, però, che sull'autorizzazione e l'uso di un farmaco la competenza non sia dei presidenti regionali. E nemmeno quella sulla libertà terapeutica.
In piena polemica, interviene Antonio Baldassarre, presidente emerito della Consulta, a far chiarezza: «Lasciare le confezioni di Ru486 sigillate nei magazzini? La vedo difficile, anche se quella del presidente del Piemonte mi sembra una battuta. Se un farmaco è autorizzato a livello nazionale (dall'Aifa, ndr) un presidente non può impedirne l'acquisto; ma solo intervenire su ospedali e farmacie comunali. Certo bisognerà vedere con che tipo di atto; solo allora si potrà fare una valutazione dal punto di vista giuridico». Una tirata d'orecchi al neogovernatore la rifila pure Fabio Gava, parlamentare veneto del Pdl: «Non è il modo ma soprattutto una competenza della Regione: per quanto concerne l'uso della pillola è stata varata una apposita legge che è stata profondamente discussa: trovo ingiusto che un presidente di Regione, a partire dal Veneto, ne impedisca la vendita».
Nell'occhio del ciclone è finita Torino. Anzi, un ospedale. Il Sant'Anna. Qui, un medico, Silvio Viale ha iniziato nel 2005 la sperimentazione della pillola abortiva. È abituato alla polemica, se l'è vista con diversi ministri (Storace, Sirchia, Sacconi), e anche questa volta è battagliero: «Non possono fare nulla se non spaventare i medici e le donne. Ma non ce la faranno, finalmente scatterà la dignità professionale». Il Sant'Anna ha chiesto 50 confezioni di pillole Ru486, che potrebbero essere consegnate già oggi o, al più tardi, dopo Pasqua (da ieri possono essere essere distribuite in Italia e richiesta dalle farmacie ospedaliere). Viale, anche esponente radicale, è sul piede di guerra: «Se proveranno a bloccarla, a ritardarne l'erogazione, ho già in mente le contromisure, ma non ve le svelo». Un grimaldello politico gli gira in testa: «Se Cota avesse detto quelle cose due giorni prima avrebbe perso le elezioni. Ma c'è anche stata la complicità di Mercedes Bresso nel mantenere la Ru486 fuori dalla campagna elettorale. Capisco adesso perché non mi voleva candidato».
Ma nei due nuovi feudi padani, separati solo da una Lombardia che della sanità fa un affare privatissimo, i neo-presidenti vanno dritto per la crociata. Zaia ha spiegato: «Studieremo il modo per contrastare uno strumento farmacologico che banalizza una procedura così delicata come l'aborto, lascia sole le donne e deresponsabilizza i più giovani». Cota, oltre a volere le associazioni pro vita negli ospedali, «chiede ai direttori generali di bloccare l'uso della Ru486 fino al suo insediamento». Dagli insoliti banchi di opposizione la Bresso è in fibrillazione: «Noi chiederemo ai direttori delle Asl di non rispettare l'invito di Cota». Accanto a lei siede Eleonora Artesio, assessore uscente alla Sanità (e neo consigliere per la Federazione della Sinistra), che il febbraio scorso diede al Piemonte il primato di essersi pronunciato sull'eterno scontro tra assunzione della pillola in ricovero o day hospital, dando la libertà della scelta alla donna. Artesio e Monica Cerutti, eletta con Sinistra Ecologia e Libertà, hanno sottolineato: «Cota ignora il contenuto della legge 194 e il ruolo dei consultori. La sua uscita lascia intendere una presunzione istituzionale, secondo la quale il Piemonte a guida leghista potrebbe permettersi l'intimidazione ai medici e l'offesa alla determinazione delle persone».
Ma il governatore leghista sa di non essere solo. Dalla sua incassa il plauso del Vaticano, con monsignor Domenico Fisichella, presidente della pontificia Accademia per la vita, che solo qualche giorno fa aveva detto: «Quanto ai problemi etici, mi pare che la Lega manifesti una piena condivisione con il pensiero della Chiesa».
Da il manifesto del 2 aprile
TORINO - E così a Roberto Cota è venuto a dar manforte il collega Luca Zaia. Da ieri, il Piemonte e il Veneto non sembrano più così lontani. A unirli ci sono la Lega Nord (il partito dei neo-governatori) e la crociata antiabortista contro la Ru486. Oltre a un federalismo improvvisato che non bada a leggi e costituzioni. Uno (Cota) vuol far marcire le confezioni della pillola nei magazzini, l'altro (Zaia) «non darà mai l'autorizzazione a poterla acquistare e utilizzare nei nostri ospedali». Incuranti, però, che sull'autorizzazione e l'uso di un farmaco la competenza non sia dei presidenti regionali. E nemmeno quella sulla libertà terapeutica.
In piena polemica, interviene Antonio Baldassarre, presidente emerito della Consulta, a far chiarezza: «Lasciare le confezioni di Ru486 sigillate nei magazzini? La vedo difficile, anche se quella del presidente del Piemonte mi sembra una battuta. Se un farmaco è autorizzato a livello nazionale (dall'Aifa, ndr) un presidente non può impedirne l'acquisto; ma solo intervenire su ospedali e farmacie comunali. Certo bisognerà vedere con che tipo di atto; solo allora si potrà fare una valutazione dal punto di vista giuridico». Una tirata d'orecchi al neogovernatore la rifila pure Fabio Gava, parlamentare veneto del Pdl: «Non è il modo ma soprattutto una competenza della Regione: per quanto concerne l'uso della pillola è stata varata una apposita legge che è stata profondamente discussa: trovo ingiusto che un presidente di Regione, a partire dal Veneto, ne impedisca la vendita».
Nell'occhio del ciclone è finita Torino. Anzi, un ospedale. Il Sant'Anna. Qui, un medico, Silvio Viale ha iniziato nel 2005 la sperimentazione della pillola abortiva. È abituato alla polemica, se l'è vista con diversi ministri (Storace, Sirchia, Sacconi), e anche questa volta è battagliero: «Non possono fare nulla se non spaventare i medici e le donne. Ma non ce la faranno, finalmente scatterà la dignità professionale». Il Sant'Anna ha chiesto 50 confezioni di pillole Ru486, che potrebbero essere consegnate già oggi o, al più tardi, dopo Pasqua (da ieri possono essere essere distribuite in Italia e richiesta dalle farmacie ospedaliere). Viale, anche esponente radicale, è sul piede di guerra: «Se proveranno a bloccarla, a ritardarne l'erogazione, ho già in mente le contromisure, ma non ve le svelo». Un grimaldello politico gli gira in testa: «Se Cota avesse detto quelle cose due giorni prima avrebbe perso le elezioni. Ma c'è anche stata la complicità di Mercedes Bresso nel mantenere la Ru486 fuori dalla campagna elettorale. Capisco adesso perché non mi voleva candidato».
Ma nei due nuovi feudi padani, separati solo da una Lombardia che della sanità fa un affare privatissimo, i neo-presidenti vanno dritto per la crociata. Zaia ha spiegato: «Studieremo il modo per contrastare uno strumento farmacologico che banalizza una procedura così delicata come l'aborto, lascia sole le donne e deresponsabilizza i più giovani». Cota, oltre a volere le associazioni pro vita negli ospedali, «chiede ai direttori generali di bloccare l'uso della Ru486 fino al suo insediamento». Dagli insoliti banchi di opposizione la Bresso è in fibrillazione: «Noi chiederemo ai direttori delle Asl di non rispettare l'invito di Cota». Accanto a lei siede Eleonora Artesio, assessore uscente alla Sanità (e neo consigliere per la Federazione della Sinistra), che il febbraio scorso diede al Piemonte il primato di essersi pronunciato sull'eterno scontro tra assunzione della pillola in ricovero o day hospital, dando la libertà della scelta alla donna. Artesio e Monica Cerutti, eletta con Sinistra Ecologia e Libertà, hanno sottolineato: «Cota ignora il contenuto della legge 194 e il ruolo dei consultori. La sua uscita lascia intendere una presunzione istituzionale, secondo la quale il Piemonte a guida leghista potrebbe permettersi l'intimidazione ai medici e l'offesa alla determinazione delle persone».
Ma il governatore leghista sa di non essere solo. Dalla sua incassa il plauso del Vaticano, con monsignor Domenico Fisichella, presidente della pontificia Accademia per la vita, che solo qualche giorno fa aveva detto: «Quanto ai problemi etici, mi pare che la Lega manifesti una piena condivisione con il pensiero della Chiesa».
Da il manifesto del 2 aprile
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