Scuote i fogli sopra una scrivania piena di libri. Sospira. «Sono un ragazzo del 1915, un vecchio testardo, figlio del secolo della pianificazione della morte e della desertificazione di tutti i valori. Sono stato e resto un resistente, un democratico in servizio permanente. I partigiani? Non siamo degni di ricordali. E se mi chiedete perché, ve lo spiego. Perché si è pensato a ricostruire il benessere e non gli uomini, si è perdonato tutto. Non si è epurato, si è lasciato che le istituzioni venissero occupate dai partiti, colonizzate dalle caste e dalle mafie. Si è concepita la politica come una carriera, il lavoro come una merce e si è umiliata la Costituzione. Si è, infine, fatto sprezzo e gioco della giustizia, esautorandola e mettendola alla berlina».
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Da Linkiesta del 25 aprile