Prove di dialogo nella sinistra radicale torinese. Un appello del professor Angelo D'Orsi: «Un Partito della Salvezza contro quello della Devastazione». E un incontro pubblico cui hanno partecipato No Tav, collettivi studenteschi, Popolo viola, Sinistra critica, grillini, rifondaroli e vendoliani
TORINO - Pezzi sfilacciati, diffidenti. Magari vivi, ma monotematici. Che sono vissuti finora su mondi paralleli. Un patrimonio che non è in via d'estinzione e non lo vuole essere. L'uscita dalla sconfitta della sinistra è un processo difficile, laborioso e parte anche da Torino. Martedì scorso varie anime (movimenti, associazioni, pure partiti) si sono ritrovate per discutere da dove e come ripartire. «Che fare?» per parafrasare l'abusato Lenin. «Sono state prove di dialogo» ha detto qualcuno. «Un modo per uscire dalla solitudine» o per «riprovare il senso di stare insieme». «Fare massa critica». «Contaminare Torino dell'esperienza della Val Susa», per molti l'esempio perfetto di incontro tra generazioni e culture diverse. Fino all'appello del professor Angelo D'Orsi, storico del pensiero politico all'Università di Torino, di «unirsi in un ideale Partito della salvezza contro il Partito della Devastazione».
L'incontro si è svolto alle Officine corsare di via Pallavicino, il nuovo spazio del Laboratorio corsaro e degli Studenti Indipendenti, che sono stati tra gli animatori dell'iniziativa. «Abbiamo deciso di riunire tutte realtà che fanno percorsi alternativi a Torino - spiega Andrea Aimar del Laboratorio - per provare a costruirne uno comune con la volontà di uscire dalle logiche identitarie dei partiti, che dovrebbero lasciare il protagonismo a chi è stata forza viva in questi anni e spazio a una nuova generazione non solo anagrafica, ma di mentalità. Quindi, autorappresentamioci e allarghiamoci». Nella preparazione dell'assemblea i giovani corsari sono stati «cinghia di trasmissione» tra i tanti: «Da quell'unica area di Rifondazione ancora aperta all'esterno (gli ex vendoliani che ruotano attorno a Eleonora Artesio, ex assessore regionale alla Sanità) ai grillini». E alla fine sono venuti più di quelli attesi, un centinaio di persone e diverse sigle, buona parte del mondo a sinistra del Pd: Comitato No Tav Torino, Resistenza viola, Movimento 5 stelle, Rifondazione comunista, Sinistra ecologia Libertà, Rosso Ideale, Unione Culturale, Terra del Fuoco, Sinistra critica, Pro Natura. Anche associazioni da fuori provincia: A Sinistra di Asti e Liberamente di Alessandria.
Il cantiere è in partenza, il 28 giugno ci sarà la prossima riunione. Dice subito D'Orsi, che ha scritto per la serata un documento di analisi su un'Italia «molto oltre la crisi di nervi» soggiogata dal virus del berlusconismo: «Ci troviamo nel cuore una decadenza morale e intellettuale, politica e antropologica degli italiani, ma il paradosso che stiamo vivendo - spiega - è che al cospetto di una crisi epocale del capitalismo, la sinistra appare morente. Dovrebbe essere la sua stagione, dopo il crollo del biennio "rivoluzionario" 1989/91, e invece essa appare afasica e impacciata, incapace di elaborare strategie, dominata da un personale politico troppo sovente inadeguato, rissoso e autoreferenziale». Alessandra Algostino, docente di diritto costituzionale all'Università di Torino, è ottimista: «Gli spazi per l'alternativa ci sono, però è ora di fare un salto, andare oltre i movimenti monotematici e sviluppare una visione complessiva, che parli di rapporti economici, rappresentanza, ambiente e soprattutto esca all'esterno. Guardiamo i No Tav, loro ci sono riusciti. È un movimento che resiste da vent'anni e nei loro incontri non si discute solo di territorio e ambiente, ma anche di decrescita».
E del movimento contro l'alta velocità Ezio Bertok, comitato No Tav Torino, ne sa qualcosa: «Una delle carte per ripartire potrebbe essere quella di esportare a Torino lo spirito di contaminazione tra culture e generazioni che si è vissuto in Val Susa (dove la situazione si fa di nuovo calda visto che l'Osservatorio vuole stringere i tempi per il tunnel di Chiomonte). Alle Officine corsare c'è stata una prova tecnica di dialogo, molti sono venuti ad annusare l'aria. Ci sono realtà che vogliono essere protagoniste, pensiamo al movimento per l'acqua pubblica. L'obiettivo è creare occasioni di dialogo tra persone che si parlano poco. Perché esiste uno stato d'impotenza comune di fronte al trasversale partito degli affari, alla costruzione di nuovi grattacieli, a un consumo smodato del suolo, alla Tav. Prendiamone consapevolezza e usciamo allo scoperto».
Una delle prossime tappe, anche se qualcuno storce il naso, sono le elezioni comunali di Torino. Chi pensa siano un banco di prova, chi, almeno per ora, un argomento da evitare. «Per tutti - sintetizza Algostino - non sono il fine, ma bisogna prenderle in considerazione. Partiamo con lo sviluppare un'altra idea di città, sul lavoro, l'ambiente, i diritti». Anche sui tempi, nel cantiere (che magari avrà presto un altro nome) le posizioni sono sfumate, in bilico tra un'emergenza democratica sotto gli occhi di tutti e il rischio di cadere nella fretta. Nell'immediato ci sono appunto le elezioni e a medio e a lungo termini c'è qualcosa di più complesso, una prospettiva, forse la rinascita della sinistra.
D'Orsi dà la scossa: «Siamo davanti a un passaggio decisivo: o lasciare andare alla deriva la barca, aspettando il cozzo contro gli scogli, o tentare di indirizzarne la rotta. Siamo pochi? Siamo molti? Intanto, contiamoci. E scendiamo allo scoperto, rompendo gli indugi, vincendo i timori, superando antiche divisioni, pronti ad allearsi pur di raggiungere l'obiettivo: che, detto in una sola parola, enfatica, ma oggi inevitabile, è la salvezza d'Italia, cominciando, magari, da Torino e dal Piemonte. Occorre agire ora, prima che sia troppo tardi. Correremo il rischio di sbagliare, certo, ma almeno, domani, non saremo tormentati dal senso di colpa di non aver tentato finché era possibile. Ora, dunque. Non domani».
Qualcosa di diverso, l'8 giugno, si è verificata. Non è stata la solita riunione. «Ho notato - spiega D'Orsi - come le persone fossero venute ad ascoltare più che a esibirsi». «Gli istituzionali stessi - dice Bertok - sono venuti per sentire, capire». Per Andrea Aimar, Laboratorio corsaro, una serata sicuramente positiva: «Solo una posizione fuori dal coro da una parte di Rifondazione, che temerebbe di perdere la propria identità». C'è però una porzione di quel partito che è parte integrante del cantiere, ne è stata tra i propositori. «Dobbiamo rendere visibile una sinistra diffusa - auspica Elonora Artesio, consigliere regionale Prc - trovare i punti comuni e superare la frammentazione a sinistra del Pd». Sulla stessa lunghezza d'onda Roberto Romito (Rifondazione per la sinistra, minoranza Prc): «Mi auguro sia un processo aperto, un cantiere non strutturato e libero di muoversi, lontano dalle egemonie di partito. Spero che il nutrito gruppo di giovani lo sappia pilotare bene. E si deve far tesoro di una guida come D'Orsi».
Il primo passo è superare le diffidenze. E trovare il collante. Aspetti ce ne sono: l'autorappresentanza, un nuovo protagonismo, il soccorso a una democrazia in pericolo. «Citando Erri De Luca - racconta Aimar - ci manca quel rame (non il piombo) che negli anni Settanta era stato un buon conduttore. A Torino va ricreata una temperatura di fusione, gli elementi ci sono, le realtà di lotta sono vive, bisogna metterle in rete».
E poi? «Ai partiti, che invitiamo a far parte del cantiere, diciamo di compiere un passo indietro, ai movimenti di farlo in avanti e irrompere nel tema della rappresentanza. Come hanno fatto gli Studenti Indipendenti, che stanno nel movimento e nelle istituzioni universitarie. O le liste civiche in Val Susa». Aggiunge Algostino: «La rappresentanza non deve essere una delega in bianco, senza vincolo di mandato». L'ambizione del cantiere per un'altra Torino e di un altro Piemonte è riunire tutte le esperienze vive e alternative al sistema economico e al potere politico che oggi è egemonico dal Pd alla Lega. «Noi siamo incompatibili. Proviamo a tradurre le realtà di sinistra in forza politica».
La seconda fase, una volta messe insieme le forze presenti all'oggi: «Dovremo - conclude Aimar - arrivare a tutte quelle persone che a oggi non siamo nemmeno in grado di vedere. Coloro che vivono nelle indifferenza o rispondono alle proprie paure personali votando Lega, coloro che si sono fatti abbindolare dalla favola berlusconiana. Tutti quelli che esprimono bisogni ai quali oggi non siamo in grado di dare risposta, con i quali non abbiamo nemmeno le parole giuste per comunicare». L'obiettivo è aprirsi: «Sono venuti anche dalla Fabbrica di Nichi. ora recuperiamo chi martedì non c'era». Il sasso è lanciato.
Da il manifesto del 24 giugno
venerdì 25 giugno 2010
mercoledì 9 giugno 2010
L'arabo è di casa
Maha ha 27 anni e da Livorno, armata di webcam e microfono, raggiunge su youtube 7.400 studenti
Maha Yakoub è seduta su un divano oppure in piedi, tra le mura di casa. Parla ai suoi studenti, come se fosse in classe. Se li immagina di fronte, penna in mano a prendere appunti, mentre lei spiega come in arabo si pronunciano e scrivono le lettere dell’alfabeto, poi i numeri, i giorni della settimana, i saluti. Eppure di fronte ha solo la webcam di un computer e un microfono. Strumenti che le permettono di arrivare virtualmente nelle case di migliaia di studenti. Lei che di anni non ne ha ancora 27 e da un po’ vive a Livorno con Luca, il marito italiano. In mano ha una laurea in Lingue e letterature straniere (inglese, arabo ed ebraico), presa a metà tra il suo Paese di origine (“che preferisco non dire qual è”) e l’università di Pisa. È bastato poco. Una buona inventiva, la capacità di spiegare con chiarezza le basi di una lingua straniera, la dimestichezza dell’utilizzo della rete e il viso accattivante di una ragazza dolce e dai modi familiari.
E così, nel novembre del 2008, Maha ha aperto un canale su Youtube, Learn arabic with Maha. Ha iniziato con lezioni dall’inglese all’arabo, con uno stile informale e preciso che ha colto nel segno: i contatti sono presto lievitati. “Ho scoperto -racconta- che sono tante le persone interessate a studiare l’arabo, specialmente nei Paesi anglosassoni. Anche musulmani che non lo conoscono. E ho il piacere di superare i soliti pregiudizi nei confronti degli arabi”. Poi, un giorno, un’altra svolta nella vita di Maha: “Diversi utenti italiani mi chiedevano lezioni nella loro lingua”. È la nuova sfida. Il 30 novembre 2009 ha pubblicato la prima lezione in italiano, sull’alfabeto arabo. Pochi giorni dopo ha confezionato il video che sarebbe diventato quello dei record, “Merry Christmas in arabic”, oltre 750mila contatti. Per realizzarlo, è bastata una piccola telecamera, una lavagna, luce favorevole e un buon programma di montaggio. “La maggior parte delle clip le faccio da sola, a volte mi riprende Luca”.
Negli ultimi mesi i suoi studenti online sono arrivati a quota 7.400 iscritti al canale: “Ho aperto un profilo Facebook, per avere un feedback con loro, facendomi conoscere anche nella vita privata. Mi mandano i compiti, scambiamo foto e musica”. Ma quello di Maha è davvero diventato un lavoro. Tanto che, oltre ai canali come Youtube e Facebook è possibile trovarla sulla piattaforma “eduFire”, social network di e-learning. Diffuso soprattutto negli States, mette in contatto studenti e tutor, permettendo lezioni private a costi modici. Come risulta dalla sua pagina personale nel network, le tariffe di Maha sono di 15 dollari per 30 minuti di lezione di arabo, 25 per un’ora di arabo ed ebraico. “È uno strumento usato per lo più da adulti che vogliono imparare nuove lingue senza spostarsi da casa”, spiega. E sono tante ormai e piattaforme che propongono questo tipo di scambio linguistico e culturale, come “Livemocha”, “Myngle” oppure “Guavatalk”, dedicato all’insegnamento del cinese. “Sono canali attraverso cui è facile trovare un madre lingua, vedere il suo volto, i commenti di altri studenti. In America ci sono tanti bambini che ormai studiano da casa, via internet, con piattaforme organizzate direttamente dalle scuole”.
Maha è contenta del suo progetto, lavora, si aggiorna. Sogna di imparare dieci lingue. E magari magari condividere saperi sul web. “Credo che l’e-learning e internet in generale siano uno strumento ideale per lo scambio culturale-linguistico. Sono il futuro. E la cosa più bella è che puoi contemporaneamente insegnare a Geoffrey, un bambino americano di 9 anni, e a Corrado, un signore italiano di 70 anni”.
Ilaria Leccardi e Mauro Ravarino
da Terre di Mezzo di giugno
Maha Yakoub è seduta su un divano oppure in piedi, tra le mura di casa. Parla ai suoi studenti, come se fosse in classe. Se li immagina di fronte, penna in mano a prendere appunti, mentre lei spiega come in arabo si pronunciano e scrivono le lettere dell’alfabeto, poi i numeri, i giorni della settimana, i saluti. Eppure di fronte ha solo la webcam di un computer e un microfono. Strumenti che le permettono di arrivare virtualmente nelle case di migliaia di studenti. Lei che di anni non ne ha ancora 27 e da un po’ vive a Livorno con Luca, il marito italiano. In mano ha una laurea in Lingue e letterature straniere (inglese, arabo ed ebraico), presa a metà tra il suo Paese di origine (“che preferisco non dire qual è”) e l’università di Pisa. È bastato poco. Una buona inventiva, la capacità di spiegare con chiarezza le basi di una lingua straniera, la dimestichezza dell’utilizzo della rete e il viso accattivante di una ragazza dolce e dai modi familiari.
E così, nel novembre del 2008, Maha ha aperto un canale su Youtube, Learn arabic with Maha. Ha iniziato con lezioni dall’inglese all’arabo, con uno stile informale e preciso che ha colto nel segno: i contatti sono presto lievitati. “Ho scoperto -racconta- che sono tante le persone interessate a studiare l’arabo, specialmente nei Paesi anglosassoni. Anche musulmani che non lo conoscono. E ho il piacere di superare i soliti pregiudizi nei confronti degli arabi”. Poi, un giorno, un’altra svolta nella vita di Maha: “Diversi utenti italiani mi chiedevano lezioni nella loro lingua”. È la nuova sfida. Il 30 novembre 2009 ha pubblicato la prima lezione in italiano, sull’alfabeto arabo. Pochi giorni dopo ha confezionato il video che sarebbe diventato quello dei record, “Merry Christmas in arabic”, oltre 750mila contatti. Per realizzarlo, è bastata una piccola telecamera, una lavagna, luce favorevole e un buon programma di montaggio. “La maggior parte delle clip le faccio da sola, a volte mi riprende Luca”.
Negli ultimi mesi i suoi studenti online sono arrivati a quota 7.400 iscritti al canale: “Ho aperto un profilo Facebook, per avere un feedback con loro, facendomi conoscere anche nella vita privata. Mi mandano i compiti, scambiamo foto e musica”. Ma quello di Maha è davvero diventato un lavoro. Tanto che, oltre ai canali come Youtube e Facebook è possibile trovarla sulla piattaforma “eduFire”, social network di e-learning. Diffuso soprattutto negli States, mette in contatto studenti e tutor, permettendo lezioni private a costi modici. Come risulta dalla sua pagina personale nel network, le tariffe di Maha sono di 15 dollari per 30 minuti di lezione di arabo, 25 per un’ora di arabo ed ebraico. “È uno strumento usato per lo più da adulti che vogliono imparare nuove lingue senza spostarsi da casa”, spiega. E sono tante ormai e piattaforme che propongono questo tipo di scambio linguistico e culturale, come “Livemocha”, “Myngle” oppure “Guavatalk”, dedicato all’insegnamento del cinese. “Sono canali attraverso cui è facile trovare un madre lingua, vedere il suo volto, i commenti di altri studenti. In America ci sono tanti bambini che ormai studiano da casa, via internet, con piattaforme organizzate direttamente dalle scuole”.
Maha è contenta del suo progetto, lavora, si aggiorna. Sogna di imparare dieci lingue. E magari magari condividere saperi sul web. “Credo che l’e-learning e internet in generale siano uno strumento ideale per lo scambio culturale-linguistico. Sono il futuro. E la cosa più bella è che puoi contemporaneamente insegnare a Geoffrey, un bambino americano di 9 anni, e a Corrado, un signore italiano di 70 anni”.
Ilaria Leccardi e Mauro Ravarino
da Terre di Mezzo di giugno
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