sabato 3 maggio 2008

Il puzzle multietnico

TORINO - Se vai a San Salvario una delle cose che ti sorprende sono i citofoni. Accanto ai portoni, le pulsantiere sono un melting pot di cognomi piemontesi, africani, filippini e meridionali. A Porta Palazzo invece è tutto più omogeneo: stranieri e italiani rimangono separati.
Questi sono i due grandi quartieri d’ingresso di Torino, ma tutta la città viene pian piano coinvolta dai fenomeni migratori.

l’esperto
«Lo spazio pubblico è sempre in trasformazione, indipendentemente dalla presenza straniera, che è comunque uno dei fattori della sua evoluzione», spiega Alfredo Mela, docente di Sociologia urbana al Politecnico di Torino, che si occupa di spazi della multiculturalità. L’immigrazione attuale sta ripercorrendo le tappe di quella meridionale negli anni ’60. «Quando gli stranieri arrivano – continua -, occupano gli spazi più permeabili e raggiungibili, le zone centrali della città, vicine alla ferrovia o ai grandi mercati». Dopo una prima localizzazione, una volta ricomposto il nucleo familiare, gli stranieri si spostano dove i costi sono più contenuti ma le condizioni migliori, come in periferia, e iniziano ad appropriarsi degli spazi pubblici della città, gli stessi utilizzati dagli italiani. La domenica il Valentino è sempre più frequentato da famiglie di immigrati.
Ci sono etnie più visibili, per esempio quella maghrebina, e altre con socialità interna come quella cinese. Un’ulteriore distinzione è anagrafica. “Tra i ragazzi immigrati – sottolinea Mela - emerge l’importanza della scuola come spazio pubblico aggregativo, con attività sportive e teatrali, e degli oratori che in molti casi si trasformano da luoghi connotati in senso religioso a spazi sociali interculturali”.

the gate
Da sempre è il termometro della città, l’anticipatore dei cambiamenti, in quanto luogo d’approdo per tutti i nuovi arrivati. Porta Palazzo è antropologicamente un luogo d’incontro, è il mercato più grande d’Europa. Per Luca Cianfriglia, responsabile del progetto The Gate, è l’internet dei poveri: “Puoi trovare una casa, informazioni, il lavoro o la fidanzata".
Storicamente punto di scambio e d’incontro, a Porta Palazzo non è cambiato niente se non i modi di interagire. Gli spazi pubblici sono luoghi d’aggregazione informali, ogni zona è un punto di riferimento per qualche etnia: in corso Regina vicino al Palafuksas si ritrova l’Africa Nera, in via Cottolengo i maghrebini, al mercato dei contadini i rumeni. Il progetto The Gate lavora su diversi ambiti: culturale, economico, architettonico e sociale. Promuove iniziative d’integrazione, per le quali la grande piazza del mercato e i cortili sono spazi privilegiati.
“Abitare a 360° - racconta Viviana Rubbo -, attraverso incontri e aperitivi, incentiva i vicini di casa a conoscersi meglio nel rispetto dei diritti e dei doveri di condominio". Nel frattempo in piazza della Repubblica proseguono le lezioni domenicali di italiano, cinese, arabo, romeno e portoghese. “Nel complesso – conclude Cianfriglia - a Porta Palazzo è difficile portare avanti politiche di cittadinanza attiva, perché rimane un luogo di passaggio: quando ti metti in regola te ne vai da qui".

la kasbah
In un certo senso sembrano passati gli anni più cupi, quelli delle ronde e dei servizi alla tv, i problemi di sicurezza si fanno ancora sentire, ma da alcuni anni San Salvario è un quartiere quasi alla moda: sempre più professionisti, artisti e studenti vengono ad abitare qui. «È sempre stato un quartiere di immigrazione, ma con un forte senso d’appartenenza - afferma Roberto Arnaudo dell’Agenzia per lo sviluppo locale -, i residenti non se ne sono mai andati». Tra via Ormea e via Saluzzo convive un mix etnico e sociale. La mappa del disagio è circoscritta: “Il tratto più problematico è quello vicino a Porta Nuova; in corso Raffaello è invece concentrato lo spaccio di cocaina. I tassi di delinquenza non sono però più alti rispetto al resto della città” spiega Arnaudo.
Le strade piccole e raccolte da kasbah non sono accoglienti come il cortile del Maglio, ma diventano anch’esse luogo di ritrovo. “E si beve la birra in strada perché nei locali costa troppo”, precisa Arnaudo. Il quartiere vive di multiculturalità e i negozi ne sono un rifl esso: se in via Nizza c’è stata una sostituzione al ribasso, nelle altre zone si stanno diffondendo esercizi di qualità.

con silvia