sabato 29 marzo 2008

Viaggio nel '900 a tempo di jazz


Il jazz può essere lo strumento per analizzare il Novecento? La risposta è affermativa per Franco Bergoglio, autore di Jazz! Appunti e note del secolo breve in uscita per Costa & Nolan.
"Frutto dell’incrocio tra culture diverse – spiega l’autore –, il jazz si è aperto alla contaminazione con altre forme artistiche e ha ispirato, anche in modi insospettabili, le vicende storiche, sociali e culturali".

Trentacinque anni, torinese d’adozione, critico di Jazzitalia e collaboratore di riviste di storia contemporanea (Zapruder e l’Impegno), Bergoglio propone nel suo libro un approccio inedito, almeno qui in Italia, che incrocia discipline diverse, arti e media, mantenendo il jazz come stella polare della ricerca. Proprio quella musica che per convenzione nasce nel 1917 e negli anni Trenta era un po’ come il rock degli anni Sessanta; e, soprattutto, sapeva di rivoluzione.
"Non è mai piaciuto, infatti, alle dittature ma è sempre stato amato dalle controculture. Se nella prima metà del secolo – afferma Bergoglio – in America era un genere più popolare, era la musica degli schiavi, in Europa viveva, invece, una dimensione più elitaria, l’ascoltavano in particolare gli intellettuali". Lo storico Eric Hobsbawm, di cui l’autore fa propria la periodizzazione, sottolinea nel suo Secolo breve come il jazz suscitò nel mondo dell’arte, fi no al secondo conflittomondiale, un consenso quasi universale in quanto anticonformista e simbolo della modernità.

Il libro passa, senza soluzione di continuità, dall’oceano Atlantico, come collante culturale di tre continenti, ai cambiamenti imposti dalla società di massa di cui il jazz è stato un protagonista, dalla censura dei totalitarismi alla partecipazione civile e magari “caciarona” del ‘68. Un grande patchwork del tutto organizzato, che per ogni capitolo adotta un taglio diverso. Perché questa interdisciplinarietà? "Tutto inizia all’Università, mi sono infatti laureato in Scienze politiche, con una tesi su jazz e politica; il mio lavoro non è altro che il risultato di quasi quindici anni di letture e riflessioni". Come, per esempio, quella sui critici e gli storici che hanno applicato conoscenze, e spesso pregiudizi, al jazz.

Ora che tra l’altro tiene un corso di storia del jazz all’Università Popolare di Torino cosa pensa Bergoglio dello stato attuale della musica che pare rivivere un nuovo interesse? "I concerti sono pieni e si vedono molti giovani. A Torino ci sono diverse opportunità, c’è il Jazz Club per i live e il Centro Jazz per imparare. Quello che manca invece è un’effervescenza sociale che investa tutte le arti". A quarant’anni dal ’68 ci aspettiamo un’altra rivoluzione?

Costa & Nolan, 2008