venerdì 23 dicembre 2011

Natale sul tetto per gli ex Wagon Lits


TORINO - Le ore passano e l’umore sale e scende come la temperatura. In cima, sul grattacielo, tutto è amplificato. Prima che inizi un’altra notte al gelo, Matteo Mele, 43 anni uno dei licenziati della ex Wagon Lits, ha la voce spezzata. Sono da poco andati via l’assessore regionale ai Trasporti Barbara Bonino, Pdl, e il parlamentare Pd Stefano Esposito, che avevano tentato di convincerli a scendere. Una proposta che non è piaciuta né a Matteo né ai colleghi: «Non ci garantiscono più tutele da possibili denunce – spiega, al telefono, Mele -. Invece di aiutarci ci spaventano. Noi vogliamo un lavoro, non chiacchiere. Vogliamo quello che abbiamo perso l’11 dicembre quando ci hanno lasciato a casa, quasi senza preavviso. Restiamo ancora qui, ma mi sento stanco, abbattuto».

Sul grattacielo in costruzione di Intesa Sanpaolo, simbolo contestato della nuova Torino, sono saliti in tre. Erano da poco passate le 20 di mercoledì quando Antonio Previti, Nicola Saba e, appunto, Matteo Mele hanno detto – in accordo con i loro compagni – basta: «Così, senza mai avere risposte, non si può andare avanti. Dobbiamo fare qualcosa di eclatante». Hanno messo sulle spalle tre zaini e una tenda e hanno superato il cancello del cantiere e – non senza preoccupazione – hanno preso le scale a lato del primo pilastro. Su, fino in alto. In cima, dove anche le ombre dei licenziati possono essere viste.

Hanno scelto quel grattacielo, perché il via lo firmò Corrado Passera, quand’era amministratore delegato della banca. Lo stesso Passera, che ora è ministro dello Sviluppo economico, ha avallato la decisione di Trenitalia di cancellare i treni notte. Quelli low-cost, che univano Nord e Sud (da Torino a Lecce o Palermo), dove lavoravano gli 800 licenziati di Servirail Italia ex-Wagon Lits, 65 a Torino (a cui se ne aggiungono altri 12 tra pulizie e manutenzione), addetti all’assistenza e all’accompagnamento nei vagoni letto. Giù, in corso Inghilterra, Orazio Arrigo anima il presidio che non abbandona i tre sul tetto. Ha in mano una lettera: «Non siamo saliti sul grattacielo per fare un dispetto al ministro. Pensiamo, però, che se ha avuto come a.d. la capacità di trovare mezzo miliardo per costruire un grattacielo, che non si capisce bene a cosa serva, ora come ministro dovrebbe trovare il modo di salvare i treni notturni, che gli italiani sanno benissimo a cosa servono». Servono a chi non si può permettere il Frecciarossa.

E il Tav, favorito a discapito dei treni notte e delle tratte pendolari. Il movimento si è, infatti, fatto sentire (c’era pure qualche No Grat, i primi a salire a luglio sulla costruzione) sottolineando le contraddizioni della presenza «di politici pro Tav». «Moretti dice bugie. Non è vero che i treni notte fossero poco utilizzati. Erano un servizio sociale. Li prendevano i tanti che dal Sud vengono a curarsi al Nord. La verità è che da due anni a questa parte è in atto un boicottaggio interno a Trenitalia, per farli fallire. Come? Diminuendo le pulizie e bloccando le prenotazioni» accusa Rosario Esposito, 32 anni di servizio. Alessandro Brienza ne ha, invece, 35 di lavoro. Lucia Dellatte, Maria Ferro, Elisa Vetrone ne hanno molti meno, assunte tra il 2005 e il 2006: «Abbiamo lavorato in condizioni difficili, con treni sporchi e guasti; vissuto il bluff dell’Intercity notte. Abbiamo accompagnato, ogni volta, 104 persone, a differenza delle 52 assegnate ai cuccettisti delle ferrovie. Abbiamo messo le stesse divise di Trenitalia, non ci siamo mai tirate indietro e ora Moreti ci scarica così? La nostra azienda si adegua alla decisione». Arrigo ritira la lettera e tira fuori un disegno: «È di mio figlio di 6 anni e sono rimasto sorpreso da come la sua fantasia abbia ritratto il momento (dietro un treno colorato, davanti tante lapidi e la scritta “Qui riposano i lavoratori dei treni notte. Grazie Moretti” ndr.)».

Al presidio, la tensione sale. L’avvocato Bongiovanni calma gli animi: «I tre stiano tranquilli, non stanno occupando binari, non rischiano niente di così grave, al massimo un’eventuale querela». Ma quando, da Roma, arriva la notizia che è saltato il tavolo di trattativa, l’atmosfera si riaccende. «I sindacati devono finirla di prenderci in giro» dice qualcuno. «Colpa di Trenitalia che si sta rimangiando un accordo quasi fatto» ribatte Angelo Di Blasi, Filt Cgil. In queste ore, la sinistra torinese si è raccolta vicino alla lotta. Michele Curto, segretario provinciale di Sel, da tempo segue la vertenza: «La cancellazione dei treni notturni segna la scomparsa di una cerniera del nostro Paese. La questione è nazionale». Monica Cerutti, Sel in Regione: «Siamo negativamente impressionati da come l’assessora Bonino dimostri subalternità nei confronti di Trenitalia». Il Prc ha portato cibo e con la consigliere regionale Eleonora Artesio ha sottolineato: «Non si possono tagliare le lunghe percorrenze ferroviarie per favorire il Tav». Davide Bono, Cinque stelle, ha portato coperte. Per la lunga notte.

Da il manifesto del 23 dicembre

Reportage per Linkiesta

domenica 18 dicembre 2011

Il Comune di Casale Monferrato rinuncia alle azioni contro Eternit

18 milioni di euro. Il magnate Schmidheiney, dopo 1.800 persone morte per colpa dell'amianto, si assicura il silenzio del Comune di Casale Monferrato. Vota a favore la destra, contro l'opposizione di centrosinistra

Una notte lunga e sofferta per un movimento che lotta da oltre trent'anni. Che si è sentito tradito dalla sua stessa città, ma non ha perso la sete di giustizia, dopo 1800 morti alle spalle: prima gli operai dalle tute sporche d'amianto poi tanta gente che in quella fabbrica della morte non ci aveva mai messo piede.
Il patto col diavolo alla fine c'è stato, il comune di Casale Monferrato (giunta di centrodestra) ha accettato l'offerta di 18,3 milioni di euro offerti dal magnate svizzero, Stephan Schmidheiny (uno degli imputati del processo di Torino), in cambio del ritiro della costituzione a parte civile e della rinuncia a qualsiasi azione legale futura.
Il via libera arriva alle 3.27, dopo un interminabile confronto in consiglio comunale: 19 voti favorevoli (Pdl e Lega) e 11 contrari, nessuno astenuto. Contrari Pd, Sel, Casale si cambia e Democratici per Casale. Pure l'Udc, che aveva chiesto la garanzia che la cifra d'indennizzo fosse vincolata alla ricerca contro il mesotelioma e alle bonifiche.
Qualche consigliere di maggioranza ha abbassato lo sguardo quando ha preso la parola Romana Blasotti Pavesi, 82 anni, cinque congiunti morti di mesotelioma, presidente dell'Afeva (Associazione familiari vittime amianto): «A febbraio saranno trent'anni da quando si ammalò mio marito. Sono sette che non piango più e faccio fatica a dormire ma voglio giustizia. L'offerta del signor Schmidheiny è stata una vigliaccata, una mossa subdola. Per lui, probabilmente, non c'è differenza tra una o 1800 vittime. Chi voterà sì risponderà alla sua coscienza, io, la mia, ce l'ho pulita».
I movimenti vanno e vengono, come le nuvole. Non quello contro l'Eternit. Nella notte più difficile da quarant'anni per Casale, hanno voluto esserci in tanti, cinquecento persone. Hanno portato le storiche bandiere italiane con la scritta Eternit giustizia , hanno resistito alle forze dell'ordine che volevano allontanarli e all'amministrazione che voleva silenziarli.
E hanno gridato «vergogna» e «complici». È alta la dignità di una protesta che prosegue ancora in queste ore (guardate il profilo su Facebook dedicato al processo Eternit). Tanta rabbia e lacrime in una giornata triste. Il Comune di Casale esce da questa vertenza, o future altre, contro Schmidheiny; resta nel maxi-processo (2889 le vittime all'inizio del dibattimento tra Casale, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli) solo contro il barone belga Louis de Cartier, che alla veneranda età di 90 anni non ha mai chiesto un risarcimento e probabilmente si sente più al riparo del 64enne svizzero.
«Abbiamo pensato all'interesse della città» ha sottolineato Giorgio Demezzi, il sindaco, che non cede di un millimetro: se Casale ha accettato i soldi Eternit è perché «deve avere un futuro diverso, deve puntare a una ripresa economica e sociale che offra una speranza ai nostri figli». «La gente ha urlato il proprio sdegno» racconta Bruno Pesce, di Afeva: «Il Comune si è tirato indietro con un passo che alleggerisce di fatto la posizione processuale di Schmidheiny. Non è una questione di soldi, ma di principio».
Nicola Pondrano, ex operaio Eternit e sindacalista Cgil, uno dei simboli di questa lotta, auspica sulla decisione un ricorso alla Corte dei Conti, perché la cifra non sarebbe congrua al reale danno e non sarebbe stata effettuata una consulenza tecnicoambientale. Diciotto milioni e 300 mila euro (la somma che la Bacon AG pagherà per conto dell'ex proprietario Eternit): «Meglio pochi, maledetti e subito ha scandito in aula una consigliera dai banchi di centrodestra piuttosto che aspettare i tre gradi di giudizio». Il Comune annuncia che saranno spesi per la bonifica, per la ricerca sul mesotelioma, per attirare investimenti. Una commissione «non politica» vigilerà sull'uso dei fondi. A giugno anche il Comune di Cavagnolo (provincia di Torino) aveva accettato, in gran segreto, la proposta dello svizzero in cambio di due milioni di euro.

Da il manifesto del 18 dicembre

Intervista all'avvocato Laura D'Amico: "E' un errore il comune si preclude la strada per futuri risarcimenti"